Bpi crolla in Borsa, a gennaio i nuovi vertici

da Milano

Il direttore generale Divo Gronchi promosso amministratore delegato e Piero Giarda alla presidenza. Entro poche settimane dovrebbe essere questa la struttura di vertice di Banca popolare italiana che, all’indomani dell’arresto dell’ex numero uno Gianpiero Fiorani, ha vissuto una giornata da brivido in Piazza Affari: dopo uno scivolone del 6%, il titolo ha perso il 4,3% a 6,93 euro tra scambi per oltre il 2% del capitale. Volumi, gonfiati dall’emotività della situazione (in rosso del 3,2% la controllata Reti Bancarie e dell’0,8% Bipielle Investimenti), spiegano alcuni analisti secondo cui i fondi di investimento, soprattutto esteri, avrebbero iniziato a prendere posizione per cavalcare l’eventuale futuro rimbalzo del titolo.
Il cambio al vertice sarà varato a fine gennaio al termine dell’assemblea dei soci che sceglierà il nuovo consiglio di amministrazione ma i consulenti di Bain sono al lavoro per un profondo riassetto interno che porterà alla scelta di uno o più vicedirettori generali. Una bozza sarebbe stata consegnata ieri nella mani di Gronchi che, davanti alla reazione del mercato per la carcerazione di Fiorani, ha sottolineato come «gli errori commessi da singoli sono stati isolati e sarebbe un errore generalizzare gli stessi a tutta l’azienda». Il timore del mercato è che, laddove fossero accertati alcuni danni economici, gli stessi piccoli clienti tentino le vie legali.
Il banchiere, su cui Lodi ha riposto le speranze di conservare la propria indipendenza, ha ricordato come Bpi abbia scelto la strada della «discontinuità» che ha portato alla severa pulizia di bilancio della semestrale (347 milioni il rosso). Come dimostra l’atteggiamento di alcuni istituzionali, la Borsa continua tuttavia a scommettere su un’integrazione: numerosi i gruppi interessati anche se, laddove le difficoltà per Bpi diventassero insormontabli, ad avere una carta in più sarebbe la Popolare di Milano di Roberto Mazzotta.
Molto dipenderà dai tempi con cui i magistrati elimineranno il sequestro dal 26,5% di Antonveneta destinato ad Abn Amro. A intervenire per gli olandesi è stato ieri il numero uno Rijkman Groenink: «Forse dimostra che avevamo ragione» ha detto il banchiere commentando l’evoluzione dell’inchiesta. L’uscita da Padova farebbe affluire oltre 2,1 miliardi nei conti di Bpi che deve però risolvere la matassa del finanziamento da 750 milioni concesso all’immobiliarista romano Stefano Ricucci a fronte di un pegno sul 14,7% di Rcs (meno 1,7% a 4,11 euro): le parti sono tornate a incontrarsi martedì senza tuttavia poter trovare una soluzione prima che Ernst&Young completi la propria ricognizione sui conti di Magiste.
Bpi intanto ha fatto cassa per 28 milioni cedendo gran parte della propria quota in Banca Italease: l’operazione è stata curata da Mediobanca che, incluso un piccolo pacchetto in suo possesso, ha collocato il 3,77% del gruppo di leasing.

Forti, infine, le ripercussioni dell’inchiesta sulla partita Bnl che, mentre il mercato associava il nome di Giovanni Consorte a quello di Fiorani, ha visto Unipol lasciare sul terreno il 2,68% a 2,2 euro. La stessa Via Veneto ha ceduto lo 0,37% a 2,7 euro: una dimostrazione che in Borsa aumentano i dubbi sulla possibilità che l’Opa Unipol si realizzi.

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