Brividi al Carlo Felice: Romeo-Bocelli canta con la febbre

Brividi al Carlo Felice: Romeo-Bocelli canta con la febbre

Prima mondiale da brivido, venerdì sera al Carlo Felice: Andrea Bocelli non ce la fa. E in questo debutto internazionale di «Romeo et Juliette» di Charles Gounod è stanco, affaticato, la voce non arriva. Attenuanti? Proviamo a concederle. Sono da poco passate le 20.30, quando il sovrintendente Pacor calca la ribalta e impugna il microfono: et voilà! Signore e signori, il coup de théatre è servito: «Andrea Bocelli è influenzato, ci ha telefonato comunicando che non può cantare». Gemito disperato dalla platea. E un business mica da ridere che si sgonfia, come una torta mal lievitata. «Ma alla fine, visto che anche l’altro tenore non sta bene, ha accettato di venire lo stesso. Ci è voluto davvero il grande cuore di Bocelli: stasera ci sarà». Applauso e boato di entusiasmo, un sospiro di sollievo per chi questa prima la aspettava da mesi, come la punta di diamante del cartellone lirico genovese e per chi ha affrontato un viaggio da oltreconfine.
Ed ecco che la torta fa di nuovo la sua figura, anzi, tutto sommato è anche più saporita. Il pubblico applaude, entusiasta, e lo acclama a gran voce decretando comunque il successo della serata e soffocando le perplessità palpabili di melomani e intenditori, che qualche malignità se la fanno scappare. Lecita, in verità. Fortuna che c’era un podio come Fabio Luisi: preciso, passionale, l'orchestra lo ha seguito nella sua intensa interpretazione di questa partitura dai caldi slanci lirici, anche se, per forza, a tratti copriva le voci deboli sul palco; e fortuna anche che lo spettacolo era ben congegnato, costruito registicamente su misura di Bocelli (Jean Luis Grinda) con intelligenza e misura, con pochi movimenti - anche se, certo, un po’ statica - con costumi tradizionali (Carola Volles) scene spoglie ma d'effetto (Eric Chevalier) e con un forte potere evocativo dato dai grandi sfondi; una piazza di Verona, la cripta, il terrazzo, e da un contrasto di luci e ombre (Roberto Venturi) che bene ha restituito la tragicità della storia shakespeariana più amata dal mondo intero e che, diciamolo, ha compensato la piattezza espressiva generale del cast.
Spezziamo una lancia in favore di Maite Alberola (Juliette), con una marcia in più, sia dal punto di vista dell'interpretazione che della tecnica vocale: emissione sonora, rotonda e avvolgente, ha strappato gli applausi più calorosi già dalla celebre aria del primo atto.

Molto brava anche Annalisa Stroppa (Stephano, ruolo en travesti), molto disinvolta in scena, con un timbro dolce e con accesa sensibilità interpretativa. Non male Andrea Mastroni (Frère Laurent); piuttosto piatta la prova degli altri. Coro gradualmente più a suo agio nel corso dell'opera.

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