Buoni anche i cavilli se servono a salvare Eluana

Caro Granzotto, ci auguriamo per il caso di Eluana non sia già troppo tardi. I medici della clinica «La Quiete» hanno sospeso (e non ridotto, come era previsto dal «protocollo») l’alimentazione alla paziente. Siamo alla tragicommedia che potrebbe finire con gravi ripercussioni non solo sulle istituzioni, ma anche sull’opinione pubblica. La sinistra ha già mobilitato le sue «legioni» in tutta Italia per una manifestazione di solidarietà nei confronti del Colle e per affermare il «diritto a una morte dignitosa» (non già a una vita dignitosa). Questi signori non erano gli stessi che nella persona dell’ex presidente del Consiglio, Romano Prodi, si erano fatti promotori all’Onu di una moratoria sulla pena di morte? Il volto aggressivo e repressivo della cultura di morte del comunismo si sta affacciando prepotentemente nel nostro Paese. Lo scontro istituzionale sollevato da questa «disastrata» sinistra è solo un alibi. Infatti l’art.77 della Costituzione italiana, tanto invocata e difesa, così recita: «Quando, in casi straordinari di necessità e d’urgenza, il governo adotta sotto la sua responsabilità provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro 5 giorni». Allora cosa c’entra il Quirinale? Dicono: ma è «prassi consolidata» che il capo dello Stato non solo esprima la sua autorevole opinione, ma firmi anche il decreto governativo per la sua efficacia e attuazione.

Allora rivolgiamo un accorato appello al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, di riconsiderare la sua posizione alla luce del suddetto articolo, perché il valore assoluto della vita umana (bene primario del singolo e della collettività intera) ben valga il superare la cosiddetta «prassi consolidata», e firmi il decreto di cui sopra o solleciti con «urgenza e indifferibilità» le Camere, anche con un percorso preferenziale.
Antonio Cusano e-mail

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