C’è un’altra Tav che non fa rumore

Robi Ronza

Uno sproporzionato accento sui problemi di politica interna - sostanzialmente dovuto al dilagare dei talk show televisivi a spese dell’informazione ragionata - provoca brutti scherzi soprattutto all’Italia del Nord, il cui nesso con il resto d’Europa è diretto e continuo.
Per la Lombardia il tunnel di base AlpTransit, già da tempo in costruzione sotto il San Gottardo, è anche più importante della Tav attraverso la Val di Susa. E soprattutto la Tav in val di Susa è di là da venire mentre lo scavo di AlpTransit è ormai molto avanzato; e ancora più avanzato è il cantiere del traforo del Lötschberg che, aumentando la capacità ferroviaria tra Berna e il Vallese, creerà le condizioni per un forte incremento del transito attraverso il tunnel del Sempione. Di tutti i grandi punti di valico transalpino che interessano il nostro Paese quello del San Gottardo è l’unico a non coincidere con il confine politico, e quindi è l’unico a non essere almeno in parte politicamente italiano. Nondimeno è italo-svizzero nella sostanza, e in particolare come dicevamo è di importanza cruciale per la Lombardia.
Eppure non c’è verso di richiamare l’attenzione della politica nazionale italiana su un’opera che, quando tra pochi anni verrà completata, provocherà un enorme aumento della capacità di trasporto merci per ferrovia tra il bacino del Reno e la pianura padana. Si aggiunga che pure l’opinione pubblica italiana non ne ha alcuna adeguata percezione. D’altra parte persino della nuova linea ad alta capacità Torino-Lione si è cominciato a parlare soltanto quando sono iniziate le manifestazioni di protesta in Val di Susa.
Ferma restando l’importanza del corridoio n° 5 Lisbona-Kiev, è chiaro che l’asse nord-sud attraverso il Gottardo e gli altri valichi svizzeri non è meno importante. Non solo: siccome i cantieri della Tav in Val di Susa non sono stati ancora aperti mentre AlpTransit è già in fase avanzata di realizzazione, per molti anni ci troveremo con l’itinerario transalpino nord-sud attraverso la Svizzera centrale già ammodernato, e invece con l’itinerario transalpino est-ovest tra Francia e Piemonte ancora fermo ai livelli del secolo scorso.
Non sarebbe allora il caso di prevedere come gestire la lunga fase di squilibrio del nostro sistema delle infrastrutture che ne deriverà? Un altro elemento da considerare è il fatto che AlpTransit non ha innescato alcuna rivolta popolare benché i territori montani coinvolti nell’operazione siano non meno delicati della Val di Susa.

Non varrebbe allora la pena, per non moltiplicare all’infinito i casi «Val di Susa», di andare a vedere come, non sulla luna ma a circa 100 chilometri da Milano, un cantiere ancor più ampio di quello in programma in Val di Susa proceda senza alcuna emergenza né ambientale né sociale?
Come mai chi viaggia oggi nella regione del Gottardo, per esempio percorrendo l’autostrada Chiasso-Basilea, quasi non si accorge che lì sotto si sta scavando un tunnel ferroviario di oltre 70 chilometri? Ecco un mistero che meriterebbe di venire svelato.

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