Cammariere, pianista dolce Suona l’amore (e lo esalta)

E voi lasciatelo suonare dolcemente, lì in mezzo agli alberi, quel suo pianoforte che è docile e visionario, che non si arruffa mai, che è luminoso e infatti corre sempre a cercare la luce migliore, il sole più vivo. Maria Sole Tognazzi e Luca Guadagnino lo hanno seguito, sono entrati nelle sue «distese di tempo infinite» e alla fine l’hanno ritrovato nel parco della Landriana, il giardino incantato dove Sergio Cammariere non fa altro che cantare e suonare e cambiarsi d’abito, dal chiaro allo scuro, così improvvisamente, come improvvisamente si cambia d’animo quando si parla d’amore, e lo si vive sotto pelle, fino in fondo. Non mi lasciare qui è un sonetto sull’inafferrabilità di questo benedetto fuoco del cuore, l’amore, che drammaticamente fugge e perfidamente si ritrova, insomma spunta tra i rami della vita con un lampo proprio come qui fa il sole più bello. Imprevedibile.

E così sono le tre ragazze che, come nel vagabondo Ritratto di Signora di Jane Campion, spuntano e spariscono, si sfiorano, si guardano, incrociano gli occhi accesi di Cammariere e poi basta: è il sortilegio del giardino incantanto, dove, come nell’amore, «bisogna trovarsi sul confine» altrimenti ci si perde per sempre.
SERGIO CAMMARIERE - Non mi lasciare qui (Emi)

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