Una canzone di Natale? Sì, ma solo a patto che non parli di Gesù

Caro direttore,
in occasione del Natale appena trascorso, mia moglie – canadese - è stata avvicinata da una delle maestre della scuola d’infanzia comunale di nostro figlio (centro storico di Milano), la quale le ha chiesto la disponibilità ad insegnare ai bambini un canto natalizio in inglese: purché però il testo non contenesse alcun riferimento al Natale di Gesù. Mia moglie ha dovuto rifiutare, poiché nessuna delle più belle canzoni natalizie a lei ben note sin dall’infanzia (i dolci carols inglesi della tradizione anglicana) era separabile dal pregevole testo in rima, intriso di contenuti popolari cristiani.
Alle sue e mie richieste di chiarimenti, è stato risposto come costituisse precisa indicazione della dirigente della scuola l’assenza dalle feste di Natale che ci si apprestava a celebrare di ogni riferimento al... Natale, cosa peraltro che sarebbe ormai «prescritta dalla legge dello Stato» (la qual cosa, e sono un addetto ai lavori, non è vera neppur per implicito).
Mia moglie è rimasta indignata, ed io assai perplesso, per una questione di metodo ed una di merito. Anzitutto, perché nessun funzionario comunque collocato nell’organigramma della scuola può prendere una iniziativa così gravida di implicazioni educative ed ideali (o meglio, ideologiche) senza neanche consultare chi dei bambini affidatigli è e resta il primo educatore: i genitori. Poi, perché non ha senso far festeggiare il Natale ai bambini nelle scuole comunali tacendo loro cosa il Natale realmente significhi. Al contrario, proprio la tutela dell’infanzia impone a tutti i livelli di rispettare in ogni iniziativa educativa la verità dei fatti, anche storici e culturali: e ogni manipolazione e mistificazione “orwelliana” di questi, comunque giustificata e quantunque suadentemente presentata, costituisce una violenza morale sulle menti e sui cuori dei bambini: i quali non possono difendersene. E credo che i bambini milanesi abbiano anche oggi diritto a conoscere, come accaduto per tutte le generazioni che da un millennio e mezzo circa li hanno preceduti, che il Natale ricorda la nascita a Betlemme di Giudea di Gesù di Nazareth da Maria; nonché i valori e sentimenti di bontà totale, amore per l’umanità tutta intera senza esclusioni, gioia nonostante la povertà e sofferenza, semplicità ed umiltà (per limitarmi ai principali) che la memoria di questo evento ha sempre fruttuosamente insegnato ai bambini di tutti i tempi e di tutte le razze, anche a prescindere dalla fede religiosa loro e dei propri genitori.

A Como qualche tempo fa in occasione del Natale hanno insegnato delle canzoncine ai bambini ma al posto di «Gesù» hanno inserito la parola «virtù». A Magenta, invece, «Gesù» ha ha lasciato il posto a «è festa lo sai tu». Un po’ più lungo, ma che importa? Fa sempre rima. Lo vede? È così semplice: poteva farlo anche sua moglie, no? Un tocco di penna e il Bambinello sparisce. Natale? Diventa la festa della Luce. O il compleanno di Cappuccetto Rosso. Scelga lei, non importa.

L’importante è che non si ricordi nulla delle nostre tradizioni, della fede che ci hanno tramandato i nostri nonni, delle nostre radici. L’importante è che sia tutto vuoto, insensato, allegro di facciata ma senza un vero perché. Così quando i musulmani entreranno direttamente a pregare dentro il Duomo di Milano non ce ne accorgeremo neppure.

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