Capitalia, i Toti superano il 2%

da Milano

Un rialzo del 42% da inizio anno, del 6% da venerdì scorso. Nemmeno le nette smentite del Santander su una possibile Opa spagnola sono bastate a far ripiegare il titolo Capitalia. Ieri a tenere alta l’attenzione sono state le parole del governatore di Banca d’Italia Mario Draghi sul risiko bancario. Il risultato, in termini borsistici, assomiglia a un pareggio che porta però il prezzo ai livelli più alti dal 30 agosto: un guadagno dello 0,1% a 6,93 euro.
La giornata di ieri segna anche l’annuncio del superamento della quota del 2% nel capitale da parte della famiglia Toti (gruppo Lamaro). L’aggiustamento (avvenuto in data 26 ottobre) è appena percettibile, visto che i Toti hanno già impegnato nel patto che governa l’istituto l’1,83%. la direzione è però quella di rafforzare con l’arrotondamento di alcune quote, la struttura del sindacato, equilibrando il peso di Abn Amro, oggi al 9%.
Nei giorni scorsi si era parlato di ampliare la quota del patto oggi al 31% di un altro 2/2,5% con acquisti sul mercato da parte per l’appunto dei Toti, di Fonsai e della Fininvest.
Quanto alle voci di un’operazione sul capitale con provenienza estera anche ieri non è mancato chi si è preoccupato di gettare acqua sul fuoco. Conversando con i giornalisti il presidente di Banca Antonveneta, controllata da Abn Amro, Augusto Fantozzi ha detto che una Opa ostile degli olandesi sull’istituto guidato da Cesare Geronzi e Matteo Arpe non sarebbe possibile. «Operazioni simili in Italia si fanno solo con il gradimento delle istituzioni italiane». Diverso il discorso su eventuali sinergie tra Antonveneta e Capitalia che sono, secondo Fantozzi, «sicuramente» auspicabili. A sperare, sia pure a parole, in una Opa sulla Banca romana è invece il presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Roma (azionista della banca romana con circa il 6%, senza peraltro fare parte del patto di sindacato), Emmanuele Emanuele.
A chi gli chiedeva di una possibile Opa degli spagnoli del Santander si è limitato a rispondere con un ironico «Magari».


Proprio questo sembra il punto: la gioia degli azionisti, pronti a fare i conti con un’offerta che non potrebbe che essere ben superiore ai 7 euro, non fa che rendere più difficile l’operazione. La corsa del titolo nel corso del 2006 rende problematica la concessione di un premio di maggioranza per una banca che ha ancora qualche problema di qualità dell’attivo.

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