Cari lettori: guai a perdere fiducia nel centrodestra

Caro Granzotto, sono un elettore del centro destra e ho votato Berlusconi da sempre, da quando è sceso in campo, così hanno fatto i miei familiari e molti amici. Ora, alle recenti elezioni amministrative, ha preso una mezza batosta e ho cercato di analizzare i motivi di questa sconfitta. Una risposta chiara non l’ho trovata. Qualche riferimento personale. Sono un insegnante in pensione e «tengo famiglia»: ho una moglie, anche lei pensionata, e una figlia sposata e non mi lamento. Però mi sono chiesto cosa potrei perdere se «domani» la Sinistra e altri vincessero le elezioni politiche. O in altri termini, quali benefici personali e generali ho avuto in questi 15 anni di governi di centrodestra? Sono forse aumentate le pensioni, sono diminuite le tasse, è diminuito il costo della vita, è migliorata la sicurezza dei cittadini, la scuola, la giustizia, sono migliorate le condizioni economiche dei lavoratori e dei meno abbienti? Che ne dice lei? Cosa può suggerire per non farmi perdere la fiducia?
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Fra le cose che lei rubrica nei mancati benefici ce ne sono almeno un paio che a me paiono fuori luogo, caro Vincenzini: la sicurezza dei cittadini e la scuola. La mattanza dei clan camorristi che il ministro degli Interni Roberto Maroni insiste a perseguire (lo so: l’opposizione sostiene che è tutto merito dei magistrati. Ma se è così, come si spiega che prima, quando magari agli Interni c’erano Giorgio Napolitano, Rosa Russo Iervolino, Enzo Bianco o Giuliano Amato, arresti e sequestri di beni camorristi si contavano sulle dita di una sola mano? Forse che imitando Beppe Signori quei ministri di sinistra mettevano il Valium nel tè dei magistrati?) rappresenta solo l’aspetto più spettacolare, cronisticamente ghiotto della lotta alla criminalità, mai stata così energica e redditizia. E la riforma Gelmini? Non sarà il massimo, ma non vorrà negare che ha ridato smalto ed efficienza a un sistema che per l’andazzo anarchico, relativista e alternativo si era precluso il compito di fornire ai giovani quella istruzione e quella formazione culturale senza le quali l’inseguito «pezzo di carta» è buono solo per incartarci le patate. In quanto ai benefici personali, provi a calcolare cosa le è stato evitato e cosa potrebbe rischiare quando la galassia di sinistra dovesse artigliare il potere. La crisi economico-finanziaria che ha squassato il pianeta non è certo scivolata via sull’azienda Italia. Ha impedito, tanto per restare nell’àmbito del particulare, di diminuire un tantinello le tasse o d’aumentare d’un altro tantinello le pensioni. Di posare la prima pietra - e questo vale per i sostenitori delle mega opere di regime, quale non mi ritengo - del ponte sullo Stretto. Però abbiamo, come famiglie e come comunità, retto bene alla botta e questo lo dobbiamo al governo in carica, non a Babbo Natale. Non è vero che sia aumentata la povertà: la molto a sproposito citata relazione dell’Istat parla chiaro, anzi, a parlar chiaro è il direttore stesso dell'Istat, Enrico Giovannini: «Sono rimasto sorpreso da quanto riportato dai giornali: l’indicatore della povertà è stabile al 13 per cento». Stabile: buon segno, no? Lei, caro Vincenzini, afferma che tutto sommato non può lamentarsi del suo tenore di vita, anche se ovviamente preferirebbe migliorasse. Ma il pericolo - dia una occhiata alla Grecia, dia una occhiata al Portogallo e una sbirciatina alla Spagna - era che peggiorasse. Pericolo scampato. Avrebbe potuto far di meglio un governo di sinistra? Provi a ripensare ai governi Amato, Prodi o D’Alema.

Non so lei, ma di quella stagione chi «tiene famiglia» una sola cosa ricorda: le mani del Dottor Sottile che nottetempo, tra il sabato e la domenica come si conviene ai tagliaborse, si intrufolarono nei nostri portafogli sfilandone parte del contenuto. E il lunedì successivo, Istat o non Istat, ci ritrovammo tutti un po’ più poveri. Non perda la fiducia, caro Vincenzini, dia retta. Oltre tutto, se dovesse farlo non saprebbe poi a chi darla.
Paolo Granzotto

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