Centanni fa nasceva, a Santo Stefano Belbo, Cesare Pavese. Morto a soli quarantadue anni, in una stanza dellalbergo «Roma» di Torino, Pavese è stato per molti anni il fantoccio di una cultura piccola e provinciale, che ne ha fatto lemblema di una retorica non sua. Col risultato di rimanere, sostanzialmente, uno scrittore sconosciuto. Cè chi, in anni più vicini a noi, ne ha biasimato lincertezza come costruttore di edifici narrativi, fino a proporre divisioni sospette tra lo «scrittore» (spesso incompiuto) e l«uomo» - astrazione suprema di chi non sta capendo. Ma centanni possono essere utili: sia a dissipare, almeno in parte, la protervia di chi vuole imporre le proprie chiavi di lettura, sia a rimettere il lettore volonteroso davanti a una grandezza che non ha bisogno di essere dimostrata.
Cesare Pavese è stato uno dei più grandi scrittori, non solo italiani, del Novecento. Lo è stato innanzitutto per la sua scrittura: non elegante, non ben fatta, spinta sul limite dellassenza di stile, del grado zero. Pavese non usò la letteratura per creare mondi fittizi, ma per mettersi a nudo, per scavare dentro di sé in modo umile e obbediente, col badile. Se le biografie ufficiali degli anni plumbei (che precedettero quelli di piombo) ce lo disegnano compostamente, laicamente ritirato nella sua morte perfettamente orizzontale, la sua opera è tutta divorata da unimminenza che fu lansia, il tormento del grande scrittore. Chiamatela mistero, chiamatela destino, chiamatela Dio, chiamatela semplicemente «qualcosaltro»: la materia della sua opera è questa: semplice e terribile.
Tre libri di fresca pubblicazione ripercorrono le tracce per nulla lineari, talora amare, talora quasi mistiche di Pavese. I primi due, Lo scopritore di una terra incognita (Edizioni dellOrso, pagg. XXXIV-435, euro 36) e Unesigenza permanente (Edizioni di Pagina, pagg. 180, euro 13) sono opera di un giovanissimo studioso, Valerio Capasa.
Studio approfondito sulla poesia pavesiana il primo, introduzione generale a Pavese il secondo, analitico il primo, sintetico il secondo, questi due testi rivelano il volto di Pavese più vicino a quello che si presenta al lettore senza pregiudizi, dando fondamento critico a un sentimento di adesione spontanea che tante letture a tesi hanno finito per frustrare. Due ottimi libri, che ci segnalano uno studioso e critico di rara intelligenza e sensibilità.
Il terzo libro è un singolare viaggio sentimentale del poeta Gianfranco Lauretano (La traccia di Cesare Pavese, Bur, pagg.
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