Che tenerezza quelle vecchiette nel racconto della loro estate

È stato, suo malgrado, il film più ruffiano della 65ª Mostra del cinema di Venezia... Della ruffianeria il regista, Gianni Di Gregorio, è responsabile solo in parte: si capisce che il mondo degli anziani non gli è ignoto, così come ben conosce il complesso meccanismo proprio di quei figli unici di madre vedova che finiscono per non avere una vita loro perché vittime, più o meno consenzienti e consapevoli, del carattere e dell’egoismo materni.
Così Pranzo di Ferragosto ha una sua grazia e una sua leggerezza, con le anziane attrici non professioniste che recitano la loro quotidianità e quei tic, quelle manie, quelle abitudini proprie della senilità. La simpatia e il tratto gentile del regista, che nel film interpreta un se stesso appena riveduto e corretto, fanno il resto, a disegnare una storia priva di sbavature nella sua semplicità: la sistemazione, dietro compenso, il giorno di Ferragosto, di tre anziane signore in casa di uno spiantato moderatamente alcolizzato che vive con la vecchia mamma.
Un figlio a cui va la nostra simpatia perché fa proprio quello che noi non abbiamo voluto o saputo fare, cioè sacrifica la sua vita per quella della madre, ma il suo fallimento esistenziale, niente amori, niente soldi, ci esime dal prenderlo come esempio da imitare... Ci sono delle splendide vecchiette ancora perfettamente autosufficienti, pulite ed educate, per niente arpie...

Paradossalmente, Pranzo di Ferragosto ci fa sentire più buoni, ci aiuta a credere che stare con i vecchi sia un piacere, che il nostro cuore italico batta ancora per loro. Almeno sul grande scherno di un cinema.

PRANZO DI FERRAGOSTO di Gianni Di Gregorio (Italia, 2008) con Valeria De Franciscis. 75 minuti

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