Chi studia più ricco di chi gioca in Borsa

PROSPETTIVA I giovani più utilitaristi capiranno che applicarsi non è un esercizio inutile

Chi studia più ricco di chi gioca in Borsa

Secchioni d’Italia è suonato il giorno del riscatto, a dar fiato alle trombe è addirittura la Banca d’Italia. Conti e tabelle alla mano, è stato spiegato che per avere un buon ritorno nell’investimento è meglio puntare sull’istruzione: il rendimento si attesterà appena sotto la soglia del 9 per cento. Investire nello studio, dice sempre questa analisi della Banca d’Italia, frutta molto di più di Bot e azioni se si considera che, nel periodo 1950-2000, la media annuale del rendimento reale lordo di un investimento azionario era del 5,2 per cento, mentre la media del rendimento di titoli era dell’1,9 per cento e quella di un portafoglio bilanciato era del 3,6 per cento. Ma tutte queste cifre esaltanti ancora non bastano per dare un po’ di orgoglio a chi studia piegato sui libri molte ore al giorno.
Infatti, sempre Bankitalia sottolinea che investire risorse pubbliche in istruzione conviene allo Stato perché garantisce ritorni complessivi pari al 7 per cento dell’investimento iniziale e un rendimento fiscale in maggiori tasse pari al 4 per cento.
Inoltre, il ritorno sociale degli investimenti in capitale umano, sempre secondo quello studio, è del 7 per cento: un rendimento più alto al Sud che al Nord, al punto che si ritiene sia un rendimento «superiore a quello derivante dall’investimento in infrastrutture».
L’insieme di queste cifre viene calcolato non solo sulla base delle differenze di stipendio tra chi ha studiato di più e chi ha studiato di meno, ma anche sulle maggiori possibilità di trovare lavoro. Se questi non trascurabili vantaggi non fossero sufficienti a incoraggiare allo studio, Bankitalia arriva perfino a quantificare quanto l’istruzione serva per allontanare la malattia e allungare il tempo della vita: un anno in più di studio riduce del 4 per cento le possibilità di malattia, e chi sa tutto su Cicerone, Dante e Manzoni ha uno 0,2 per cento di possibilità in meno di morire nell’arco di dieci anni. Ecco servito chi ossessionava il secchione ricordandogli che il primo nella scuola è l’ultimo nella vita: cosa dovrebbe volere di più? Bankitalia dice che è il più ricco, il più sano e vivrà più a lungo.
Mah! Come al solito credo che si passi da un eccesso all’altro, comunque siamo di fronte, anche con tutto lo scetticismo del caso, a una straordinaria valutazione del famoso «pezzo di carta». In quest’epoca che richiede grande competitività, essere attrezzati culturalmente rappresenta un intuibile e immediato vantaggio che lo studio di Bankitalia formalizza in cifre e tabelle.
Certo, è un po’ malinconico pensare che il riscatto del secchione dovesse attendere una ricerca economica in cui ciò che finisce per dare importanza allo studio è la sua redditività finanziaria. Però anche questo può essere utile per far comprendere al giovane «più utilitarista» e pratico, che applicarsi a scuola ed eventualmente all’università non è un esercizio senza prospettive, molto dotto e molto inutile alla vita.
Sono convinto che la stragrande maggioranza dei giovani è consapevole che dai libri e dall’insegnamento dei propri professori riceve un aiuto per capire la vita e per sapersi comportare di fronte a situazioni complesse. Adesso sa anche che con un diploma può essere facilitata nel trovare un buon lavoro. Tuttavia un giovane non riesce a procedere negli studi, semplici o ardui che siano, se non è convinto che il tempo passato sui libri è importante per lui, per la sua maturazione esistenziale. Il fatto di apprendere, cifre alla mano, che potrà avere una vita economicamente migliore, sarà un importante stimolo in più, ma non sarà mai quello la molla decisiva che fa studiare.
Con la sua ricerca Bankitalia riesce ad andare in soccorso, oltre al secchione, anche agli insegnanti, fornendo loro strumenti pedagogici molto efficaci. Infatti, con quanta celata perplessità il professore poteva dire al suo studente somaro: «Guarda che se non studi finisci male!».

Adesso ha tutti gli elementi per poterlo sostenere e farsi rispettare: posto che il suddetto studente non sappia che lo stipendio dell’insegnante è indecentemente basso, perché in questo caso gli potrebbe rispondere: «Guardi lei che fine ha fatto». Alla faccia dello studio di Bankitalia che celebra con devozione lo studio.

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