Yu Tingyun aveva resistito a lungo, più dei suoi compaesani di Hanwang, nel Sichuan, dove il terremoto aveva colpito duro il 12 maggio scorso. Voleva giustizia per sua figlia Yang e per gli altri 240 studenti morti sotto la scuola in cui si trovavano al momento delle prime scosse. Era diventato un leader per non avere ceduto alle pressioni della polizia. Poi, anche lui ha firmato. Lo hanno preso una sera e lo hanno fatto salire sull'auto: gli hanno sbattuto in faccia ancora una volta il documento in cui si diceva che «il Partito comunista aveva mobilitato la società per aiutarci» e gli avevano promesso un risarcimento in contanti e una pensione. «Quando ho visto che la maggior parte dei genitori aveva già firmato, l'ho fatto anch'io», ammette.
La firma di Yu sembra chiudere uno dei capitoli più spinosi per la Cina alla vigilia dei Giochi olimpici: il 9 luglio scorso, infatti, il quotidiano di Hong Kong South China Morning Post aveva rivelato che i genitori di Beichuan, altra località fortemente colpita dal terremoto, avevano raccolto firme per una petizione da inviare a Pechino. Chiedevano maggiore chiarezza sui crolli delle "scuole di tofu", così chiamate, all'indomani della tragedia, per la friabilità dei materiali con cui erano state costruite, simile a quello del formaggio di soia cinese. Non se ne era fatto nulla, però: «Anche se andassimo là di persona - aveva dichiarato un cittadino di Beichuan che aveva perso il figlio nel crollo della scuola locale - non ci ascolterebbero, perché l'attenzione è tutta focalizzata sulle Olimpiadi». Nei giorni scorsi, inoltre, era stato imprigionato Huang Qi, l'avvocato che si era offerto di aiutare alcune famiglie a ottenere giustizia dallo Stato.
Adesso, ogni speranza di ottenere giustizia sembra vana. Le autorità avevano già cominciato da tempo una dura campagna per comprare il silenzio dei familiari delle vittime. Le condizioni erano sempre le stesse: se non ti accontenti non avrai neppure quello che ti offriamo. Il sindaco di una delle località terremotate era giunto persino a offrirsi di pagare la tariffa aerea della madre di una delle vittime che si era trasferita fuori dal Sichuan, pur di avere la firma della donna e chiudere il caso. I contratti parlavano chiaro: «Da questo momento in poi, sotto la guida del partito e del governo, obbediremo alle leggi e manterremo l'ordine sociale.
I «risarcimenti» erano già definiti: l'equivalente di 8.800 dollari per la morte del figlio e 5.600 dollari a genitore. Tutto in contanti.
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