Il commento Ma Blanc faccia un passo indietro



«Lavorare». È il verbo che riempie la bocca degli allenatori, dei calciatori, dei dirigenti del football. Non si ha notizia di «campi di lavoro». Eventualmente di «campi di allenamento». Premessa per sottolineare quanto ormai sia diventato ridicolo il vocabolario calcistico. Lavorare di più, dicono alla Juventus. Blanc e Cannavaro uniti nello slogan. Nessuno sa che cosa significhi esattamente: un’ora in più di allenamento? Più palestra e meno tecnica? Turni notturni? Straordinari festivi?
La Juventus di oggi non deve stupire. I guai di risultati sono logica conseguenza di un ambiente che vive di rendita, pensando che l’insegna della ditta basti e avanzi. Quando Jean Claude Blanc afferma nelle interviste che «Io decido, come ho sempre fatto...», non spiega quel «sempre» e soprattutto «dove» lo abbia fatto. Il calcio non è terreno facile per chi lo conosca e lo frequenti da tempo, figuratevi per un manager forestiero che si occupava di palline da tennis, di sabbia del deserto, di organizzazione di eventi sportivi pur eccelsi. Il sorriso beffardo del numero uno della Juventus, durante le stesse interviste, manifesta l’assoluta distanza da un mondo comunque tossico e aspro come quello del pallone e, al tempo stesso, l’assoluta insensibilità ad affrontare la situazione come si dovrebbe. Come? Facendo un passo indietro, consegnando ad altri il ruolo della gestione tecnico sportiva del club, invece di riunire, fatto unico nella cronaca pallonara, tre ruoli in uno, compresi i salari.
Se è vero che il Catania non vinceva a Torino da quarantasei anni è anche vero che cinquantaquattro anni orsono la “famiglia” decise di correre ai ripari dopo che la squadra, e la società, stavano andando a ramengo. Gianni Agnelli si era chiamato fuori dalla presidenza, la triade (c’era anche allora, cribbio) Craveri-Cravetto-Giustiniani, presidenti ad interim, convocò Umberto Agnelli di anni ventidue e gli chiese di aggiustare l’arnese. Con lui si aprì un ciclo che portò alla Juventus titoli e calciatori, da Charles a Sivori. Va da sé che Blanc possa continuare a svolgere il suo lavoro di manager ma lontano dalla squadra, come chi lo ha preceduto (Giraudo, tra gli ultimi) affidando a personaggi più competenti la voce “football”. Roberto Bettega ha segnato un'epoca bianconera ma metà dei consiglieri ne contesta il rientro. Andrea Agnelli è riapparso all’orizzonte dopo che suo cugino aveva detto mesi fa che nessun altro componente della famiglia sarebbe entrato nella Juventus e chi conosce le idee di Andrea Agnelli sa che non collimano con quelle di Blanc e di Secco. John Elkann ha ricevuto in eredità dal nonno l’impero Fiat ma senza l’apporto di un altissimo uomo di finanze come Sergio Marchionne il gruppo oggi sarebbe in una situazione drammatica. Chi fa chi e chi fa cosa, questo è il problema.


Bill Shankly, mitico allenatore del Liverpool, disse che «il calcio per me non è una questione di vita o di morte, è ancora più importante». Il presidente, l’amministratore delegato e il direttore generale della Juventus, hanno detto: «Dobbiamo lavorare di più». Ecco, uno dei tre, dia il buon esempio.

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