Cosa pensa il prof quando dà i voti?

Il neopresi­de di Scienze politiche di Genova, Gio­vanni Battista Varnier, ha deciso che in sede d’esame i professori non possano aprire il libretto dello studente che de­vono giudicare. Per non violare la pri­vacy dell’interessato e per non farsi in­fluenzare dai voti precedenti. Ma  aiuta o non aiuta? Le opinioni di Mascheroni e Zecchi

Cosa pensa il prof quando dà i voti?

Basta con i 30 che si aggiungono ai 30, basta con i voti striminziti che si perpe­tuano, tenendo bassa la media, fino al­la laurea. A meno che non siano piena­mente meritati, s’intende. Il neopresi­de di Scienze politiche di Genova, Gio­vanni Battista Varnier, ha deciso che in sede d’esame i professori non possano aprire il libretto dello studente che de­vono giudicare. Per non violare la pri­vacy dell’interessato e per non farsi in­fluenzare dai voti precedenti. Ma, a parte il rispetto della privacy che spesso è tirato in ballo un po’ a proposi­to, avere un’idea dei «precedenti» del­l’esaminando aiuta o non aiuta a indivi­duare il voto più giusto? E poi, è vero che trovare molti 30 e lode sul libretto di uno studente che ha appena conclu­so un esame mediocre fa scattare auto­maticamente qualche punto in più del dovuto? Sulla «vexata questio» abbiamo chie­sto un parere a Stefano Zecchi, docente di Estetica alla Statale di Milano e da anni collaboratore del «Giornale», e al nostro collega Luigi Mascheroni, il qua­le, oltre che giornalista del «Giornale», è docente di Teoria e tecnica del giorna­lismo alla Cattolica di Milano.

Mascheroni: Io non guardo il libretto: ogni esame fa storia a sé

Zecchi: Io invece lo sbircio sempre: mi aiuta a non sbagliare

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