Non si può passare il tempo a discutere sui cavilli giuridici riguardanti le liste elettorali. Occorre guardare adesso ai fatti e ai problemi reali, in primo luogo delleconomia, che sta dando segnali molto positivi, ma che ha anche bisogno di un rilancio, uscendo dal tran tran quotidiano. In gennaio lindice della produzione industriale ha segnato un rialzo molto consistente, di 2,6 punti rispetto a dicembre, battendo non solo i pronostici dei soliti pessimisti, ma anche quelli degli analisti obiettivi. Anche in Francia lindice di gennaio è stato molto positivo, rispetto al dicembre, e ha superato le previsioni, ma esso ha registrato un aumento dell1,6% su dicembre.
Se invece che allimmediato guardiamo al futuro, però ci sono svariati problemi. Gli incentivi per lauto nel 2010 non ci sono, a differenza che nel 2009. È bene che sia così, non si poteva continuare con questo artificio, che per sua natura ha solo efficacia temporanea. Ma al suo posto occorrono altri incentivi, utilizzando i fondi che diversamente si sarebbero impiegati per tali interventi. Occorre tenere presente che se non si adottano queste misure, ci sarà, in ogni caso, una maggiore spesa per la cassa integrazione. Il Senato ha approvato, con una convergenza tra maggioranza e opposizione, un provvedimento che aumenta di sei mesi la durata della cassa di integrazione ordinaria. Sembra che il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, non fosse del tutto convinto di questa misura. Essa in effetti è accettabile solo come rimedio estremo. Occorre spendere per dare lavoro, non per pagare i lavoratori, al fine di tenerli a casa. LOcse segnala che lItalia, se il quadro non cambia, esce dalla crisi perdendo, nel lungo periodo, quattro punti secchi di Pil, cioè di prodotto interno lordo, rispetto al trend che avrebbe realizzato, se la crisi non fosse intervenuta. Non ci possiamo assolutamente permettere questo spreco di opportunità, che avevamo prima della crisi e che possiamo recuperare, mantenendo i nuovi investimenti al livello che ci sarebbe stato, in assenza di tale crisi. Il mancato recupero di quei 4 punti di crescita del Pil infatti comporta che il rapporto del nostro debito pubblico sul Pil sarà di 4 punti più elevato di quello che si sarebbe diversamente realizzato e ciò è sgradevole, dato che lelevato rapporto debito-Pil comporta per noi di dovere pagare interessi più alti, sulle nuove emissioni e quindi genera un aggravio per i nostri conti pubblici. Daltra parte le pensioni che verranno pagate, saranno di quattro punti più basse di quello che sarebbe stato possibile. Ciò perché le pensioni, in futuro, saranno calcolate sullimporto dei contributi pagati più un aumento commisurato alla crescita del Pil, che è reso possibile dal fatto che la platea di redditi da lavoro soggetti ai contributi, sarà in futuro più elevata di quella attuale in rapporto a tale crescita. E le pensioni future, ovviamente, saranno finanziate con i contributi che verranno riscossi in futuro.
Non mi dilungo a elencare tutti i benefici che perdiamo, con questa perdita di punti di Pil. È evidente che una torta minore, comporta, per ciascuno, una fetta minore. La ragione della previsione non buona dellOcse sul nostro futuro, è che la produttività delle imprese italiane è di media del 25% inferiore a quella media del 50% dei Paesi Ocse che hanno una produttività maggiore della nostra. E questa nostra minore produttività non ha una tendenza alla crescita maggiore di quella dei Paesi che ci superano, ma una tendenza minore o eguale.
Dunque, occorre che Silvio Berlusconi si dedichi al secondo tempo della politica economica del nostro Paese. Il governo è stato capace di guidare il Paese in un periodo difficilissimo, evitando i drammi sociali di Stati come la Spagna, la Gran Bretagna, lIrlanda, gli Stati Uniti ove la disoccupazione è aumentata vertiginosamente, mentre da noi è cresciuta solo di un punto e mezzo. È stato bravo a scansare la crisi del debito che ha investito la Grecia e minaccia Spagna e Portogallo. Ci è riuscito attuando una politica di bilancio prudente e unindovinata manovra di finanza pubblica, in cui fa spicco loperazione «scudo fiscale». Questo non basta. Adesso occorre una scossa, agendo sia con le riduzioni fiscali sulle imprese per lIrap e con la tassazione del 20% ecco per gli affitti nelle città ad alta intensità abitativa e sia con la politica delle grandi opere e delle infrastrutture di elevato contenuto tecnologico, come la banda larga, lalta velocità (al riguardo è essenziale la vittoria nelle regionali del Piemonte ove la sinistra ha dilazionato la Torino-Lione), il ponte sullo Stretto, lenergia nucleare.
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