IL DETECTIVE DEL MISTERO

Come per molte altre persone, l’attitudine di Arthur Conan Doyle rispetto allo spiritismo era stata profondamente influenzata dagli eventi accaduti nel corso dei primi nove mesi di guerra, tra il 1914 e il 1915. L’orrore delle battaglie iniziali aveva condotto a una proliferazione di racconti relativi a eventi soprannaturali. Il più famoso di questi riferiva come gli spiriti degli arcieri inglesi - o, secondo un’altra variante, gli Angeli di Mons - avessero protetto le truppe inglesi durante la ritirata in cui Malcolm Leckie (cognato dello scrittore, ndr) era stato ucciso.
Arthur fece la sua parte organizzando alcune sedute a Windlesham nel tentativo di mettersi in contatto con il cognato, affiancato dalla figlia Jean che fino ad allora si era mostrata scettica intorno a questa tematica. In modo inaspettato tuttavia la scialba e malaticcia amica Lily Loder-Symonds si rivelò una medium con un autentico talento per la scrittura automatica. Come Jean, Lily aveva patito alcuni precoci lutti personali: prima della fine del 1914 uno dei suoi fratelli, Jack, maggiore nel reggimento del Sud Staffordshire, aveva perso la vita a Le Cateau, e altri due, Thomas e William, erano stati feriti.
La sofferenza di Lily si acuì agli inizi di marzo, quando un altro dei suoi fratelli, Bob, capitano nel reggimento del Cheshire, fu ucciso in un incidente. Cinque giorni dopo la morte di Bob, Arthur e Jean cercarono di mettersi in contatto con il suo spirito nel corso di una seduta. Non appena la donna ebbe detto «Mi chiedo se Bob arriverà», il tavolo iniziò a muoversi, e - attraverso Jean - Bob iniziò a scrivere. Arthur inviò un brano del presunto testo di Bob a Lily, chiedendole se lui avesse una calligrafia rotonda quando era in vita. Bob aveva incontrato il fratello Jack, riferì Arthur, e sebbene non conoscesse Malcolm Leckie aveva promesso di cercarlo. Lo scomparso sembrava dire di essere stato colpito da un cecchino e, più concretamente, prevedeva che la Gran Bretagna e i suoi alleati avrebbero vinto la guerra entro tre mesi. Con questa esemplare combinazione di entusiasmo e credulità, Arthur si era addentrato nel pericoloso territorio in cui il paranormale veniva utilizzato allo scopo di predire gli esiti della guerra...
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A un livello più personale, l’incontro con la morte del figlio Kingsley incoraggiò Arthur a prendere una posizione circa la sua quasi inevitabile accettazione dello spiritismo. Arthur mise da parte il suo distacco scientifico e accettò la prova portagli dai suoi stessi sensi di star assistendo a un «nuovo annuncio» al genere umano, nel quale la religione era divenuta un «fatto reale» e non solo «una questione di fede». Lo scrittore aveva anticipato il suo cambiamento di idee in un paio di lettere a Light nel marzo e nel maggio 1916, sul tema «Dove si trova l'anima negli stati d’incoscienza?». Alla fine, il 4 novembre, in un articolo sullo stesso giornale, annunciò esplicitamente la sua conversione allo spiritismo. Come notò un commentatore, Arthur fu finalmente in grado di «collocare lo spiritismo nel più ampio umanesimo che aveva compreso avere un ruolo nelle principali religioni». Lo spiritismo provava l’esistenza di una vita dopo la morte; presentava gli esiti infelici del peccato; dimostrava l’esistenza di entità spirituali elevate e di Campi Elisi, o di un paradiso, nel quale l’individuo trova la sua pace».
Ormai libero da ogni dubbio, Arthur s’immerse in tutti gli aspetti dei fenomeni spiritici. All’inizio del 1917 iniziò a investigare la fotografia degli spiriti - il processo mediante il quale l’immagine di uno spirito disincarnato poteva essere catturata da un apparecchio fotografico, e fu soddisfatto da una foto scattata con questa procedura al nipote di Jean, Alec Forbes, altra recente vittima della guerra. Era tuttavia preoccupato dal gran numero di medium pronti a speculare su persone bisognose di soccorso spirituale: la legge avrebbe dovuto fermare gli impostori, su questo era d’accordo, ma lo inquietava il fatto che si trattasse di un’arma a doppio taglio che avrebbe potuto essere rivolta anche contro i praticanti onesti \.
Una ventina d’anni prima, Innes (il fratello minore dello scrittore, ndr) si era casualmente trovato a dire che la più autentica vocazione di Arthur avrebbe potuto essere la politica invece della letteratura. Arthur aveva replicato, in modo tanto imprevisto quanto solenne: «Né l’una né l’altra. Sarà la religione». Entrambi erano scoppiati a ridere, di fronte a una prospettiva così improbabile. Ma ora che la guerra era finita, la predizione di Arthur sembrava avverarsi. Mentre si muoveva in lungo e in largo per la Gran Bretagna e divulgava le sue esperienze medianiche richimando maree di gente alle conferenze, era ossessionato da un unico argomento, precisamente lo spiritismo. Presto avrebbe potuto congratularsi con se stesso per l’«inconscio potere profetico» manifestato con Innes.
Purtroppo Innes avrebbe raggiunto presto la schiera degli scomparsi. Era addetto agli approvvigionamenti e ai servizi nel Belgio devastato dalla guerra quando il 19 febbraio 1919 fu falciato da quella stessa epidemia di influenza spagnola che aveva già ucciso Kingsley. Arthur perse così l’amato fratello minore. Inoltre ora c'era un altro familiare da contattare nel corso delle sue escursioni nel mondo degli spiriti. Nei mesi passati, era rimasto colpito da una medium fasulla di nome Anne Brittain, ed era solito inviarle persone che avevano perso qualcuno durante la guerra, e il mucchio di lettere di ringraziamento ritrovato tra le sue carte suggerisce che si trattasse di un gesto molto apprezzato. Tra il luglio 1918 e il marzo 1919 Arthur consultò la medium quattro volte, tre delle quali furono un successo e una un fallimento, come ebbe a riconoscere. La terza volta, nel novembre del 1918, fu messo in contatto con Kingsley che, sebbene fosse morto soltanto da un mese, era già in grado di pontificare sulla sensatezza della sua morte e di raccontare le sue discussioni nell’aldilà con Malcolm Leckie su argomenti di medicina. Quando Kingsley riferì di essere già stato contattato, Arthur annotò nelle note della seduta che in effetti questo era vero, ma segnalava il suo scetticismo circa l’autenticità di tale dettaglio, avendolo ingenuamente rivelato alla medium.
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Nel frattempo, Arthur aveva raccolto del materiale per un articolo sulle fate per lo Strand Magazine.

Inizialmente si trattava di poco più che un pezzo nostalgico su un fenomeno dal fascino immutabile ma periferico rispetto al tema del paranormale, ma a maggio cominciò a trasformarsi in qualcosa di più complesso, quando David Gow, editore del Light, gli riferì che una famosa medium, Felicia Scatcherd, aveva sentito parlare di alcune straordinarie foto di fate. Si trattava di qualcosa di particolarmente esaltante per Arthur che era convinto, secondo il credo dello spiritismo, che le forme dello spirito possono impressionare la pellicola fotografica.

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