«Il diavoletto si cela nei dettagli» Il diktat fa scattare l’ira dei partiti

RomaMonti sfida il Parlamento: non osi toccare il mio decreto. Dalla Libia, dove cerca di cementare un nuovo rapporto di amicizia con il governo del post Gheddafi, Monti avverte i partiti: «Il Parlamento è sovrano ma sconsigliamo variazioni che dovessero far venire meno la logica di insieme del mio provvedimento». Il premier si riferisce all’ultimo decreto sulle liberalizzazioni che ha già provocato tanti mal di pancia sia alle forze politiche sia alle categorie coinvolte. Monti non vuole stravolgimenti; le modifiche al testo sono bandite: «Il provvedimento è complesso, corposo e incisivo come ha detto il capo dello Stato; e naturalmente ha una sua logica di insieme che non va snaturata». Una posizione che ha già fatto venire l’orticaria a molti.
Comunque il premier cerca di minimizzare le proteste: «Mi aspettavo queste reazioni: un generale interesse, particolari insoddisfazioni e preoccupazioni. Normale quando si introducono provvedimenti di questo tipo - dice - lo sforzo nei prossimi giorni da parte del governo, e son convinto anche dei singoli partiti sia pure con i diversi orientamenti, sarà quello di persuadere le singole categorie che questi provvedimenti saranno nell’interesse generale». «Interesse generale» è la parola magica per far digerire tutti provvedimenti montiani. Nel merito, difende il suo operato e a chi gli chiede se si poteva fare di più su banche e assicurazioni risponde secco: «Nella vita si può fare sempre di più. Ma si può fare di più anche male, non solo bene». Poi spiega: «Abbiamo cercato di fare molto bilanciando i carichi e i contributi che ogni singola categoria è chiamata a dare allo scongelamento e a togliere il gesso all’economia italiana». Un autoassoluzione con un’autocritica di quando faceva l’economista: «L’ho fatto anche io tante volte quando ero un economista. Mossi da un giusto ardore di trasformazione rapida di un Paese, si chiede di fare di più. Chi ha la responsabilità del fare, ed è convinto della necessità, fa il massimo che ritiene fattibile».
Nel metodo, invece, Monti smentisce ruggini tra i suoi ministri: «Il Consiglio dei ministri è stato lungo. Nel nostro governo agiamo tramite la persuasione, di solito facili. È stato facile anche questa volta, ma il numero degli articoli e la diversità delle materie era molto ampio per cui abbiamo impiegato tempo». Nessuno screzio, insomma: «Non mi sono accorto che la riunione del Consiglio sia stata movimentata. Salvo nel momento in cui, tardi, ci siamo alzati per un breve intervallo e abbiamo consumato un tramezzino. Uno per uno. Lo sottolineo - ironizza - perché la sobrietà ha i suoi limiti. Non ho visto quindi movimentazione e non ho visto aspetti che io avrei voluto portare e che poi non siano arrivati». In ogni caso, «alzare gli stipendi non è proprio l’intento delle liberalizzazioni. Ciò che si vuol realizzare è maggior concorrenza; maggiore apertura dei mercati significa minori rendite di posizione e quindi prezzi più bassi e una minore crescita del costo della vita».

Ma il pensiero è sempre rivolto allo spread: «Nella vita di un Paese esistono i mercati ed esiste la politica. I mercati non prendono decisioni di politica pubblica ma la politica difficilmente può prendere decisioni che prescindano dai mercati».

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