Dieci buone ragioni per non scioperare

Perché invece è giusto non manifestare? Intanto, perché tutte le motivazioni sopra esposte non sono vere; solo un’accozzaglia di falsità a uso e consumo di chi si ostina a non volere il cambiamento di un sistema pieno di falle, arrivato ormai al limite del collasso. Storie create ad arte da professori, baroni e sindacalisti, difensori col fiato corto di un certo tipo di scuola che, per sottrarsi alla scure dei tagli, non ha trovato di meglio che rivolgersi ai vecchi metodi collaudati in decenni di opposizione a qualsiasi tentativo di modifica dello status quo: cortei, manifestazioni, slogan e occupazioni. Per convincere però gli studenti a scendere in piazza occorrevano ignominie di forte appeal da mettere all’indice: così la lotta agli sprechi è diventata «tagli indiscriminati», la lotta al bullismo una «misura penalizzante per lo studente», il ritorno al grembiule un’«umiliante divisa», la razionalizzazione delle risorse un «regalo agli istituti privati». Alcuni hanno abboccato.
Abbiamo provato a illustrare perché chi ha a cuore l’istruzione pubblica italiana farebbe meglio a non manifestare.

Prendendo a base di riferimento la riforma così com’è, testo che evidentemente molti dei ragazzi che in questi giorni riempiono le piazze non hanno letto, abbiamo stilato dieci ragioni valide per non incolonnarsi dietro a uno striscione: rilancio dell’educazione civica, messa a norma degli edifici scolastici, incremento del tempo pieno, uso ragionato delle risorse economiche e umane. Non faranno rumore quanto le balle a favore della protesta; però sono vere.

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