Ci sarà un tempo in cui con il tubo di scarico dell'auto si potranno fare i sulfumigi. Spostarsi e curare il raffreddore. In cui le reazioni chimiche necessarie per produrre energia saranno sostituite dalla separazione del nucleo di una semplice particella. L'idrogeno. L'elemento più abbondante di tutto l'universo, ma molto raro nella nostra atmosfera e inesistente allo stato puro sulla superficie e nel sottosuolo della sfera terrestre. La fonte più comune è l'acqua, composta da due atomi di idrogeno e uno di ossigeno. La formula è quella che si impara a pagina quattro di tutti i sussidiari: H2O. Ma a fronte di questa abbondanza la produzione dell'idrogeno è molto più complessa. Oggi il modo più economico per produrlo consiste nell'utilizzo di combustibili fossili (circa il 97 per cento della produzione). Soltanto il restante 3 per cento si ottiene tramite l'elettrolisi dell'acqua.
Comunemente si pensa all'idrogeno come a una fonte di energia. In realtà non è così, perché per produrlo bisogna ricorrere ad altri processi, consumando energia. La definizione esatta dell'elemento «H» è quella di vettore, accumulatore o memorizzatore di energia. Una caratteristica unica e fondamentale che potrebbe essere rivoluzionaria se sfruttata appieno. Come? Le migliori fonti di energia, è risaputo, sono quelle rinnovabili. Aria, acqua, sole. La natura ne è ricca e non costano nulla. Purtroppo si tratta di «generatori» discontinui. A volte non c'è vento. I fiumi possono essere in secca. La giornata può essere coperta. In altri casi si presentano in eccesso. Proprio grazie alle proprietà di memorizzatore dell'idrogeno le fonti rinnovabili diventerebbero pienamente sfruttabili in tutte le loro potenzialità. Risparmiando o non utilizzando del tutto i combustibili fossili. Una fonte di energia esauribile (i giacimenti di petrolio non sono infiniti), soggetta agli sbalzi del mercato (l'oro nero ha superato nelle scorse settimane quota 70 dollari e non accenna a scendere) e molto inquinante nell'utilizzo (provare per credere una giornata d'inverno senza un filo di vento nelle grandi città).
Attualmente l'idrogeno prodotto è impiegato nell'industria chimica e metallurgica. Come nel processo di Haber-Bosch per la produzione di ammoniaca, nell'idrogenazione degli oli e dei grassi, nella filiera del metanolo. E ancora nelle saldature, come combustibile per i razzi, per la riduzione dei minerali metallici. Oppure tutti gli usi nei reattori nucleari. Mentre dopo il disastro del dirigibile Hindenburg (il 6 maggio 1937, a Lakehurst nel New Jersey) viene considerato troppo pericoloso per sollevare i palloni aerostatici.
Mancano sistemi sostenibili di produzione, accumulo e distribuzione dell'elemento «H», anche se le tecnologie lo consentirebbero. Il futuro della scienza deve guardare in questa direzione oltre che alla produzione di fuel cells: celle o pile a combustibile per spingere veicoli o alimentare elettrodomestici e congegni elettronici.
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