E il Guardasigilli indaga sul Gip lumaca

E il Guardasigilli indaga sul Gip lumaca

Milano In un palazzo di giustizia a due velocità, accade che ci siano processi che viaggiano veloci come Usain Bolt e altri che invece viaggiano così piano da venire dimenticati, sentenze mai depositate, narcotrafficanti che per questo vengono scarcerati. Con il risultato che il ministro della Giustizia Paola Severino (nella foto) e il presidente del tribunale Livia Pomodoro sono costretti a fare scattare l’impeachment del magistrato responsabile di tali inverosimili episodi.
La lettera dell’Ispettorato del ministero, che prelude all’avvio di una azione disciplinare, è arrivata nei giorni scorsi ai vertici del tribunale milanese. Oggetto della lettera degli ispettori, un magistrato dell’ufficio per le indagini preliminari: Franco Cantù Rajnoldi, cinquant’anni, già assegnatario di molti fascicoli delicati. Tra questi, il processo con rito abbreviato a carico di una banda di narcos, inquisiti dal pool antimafia di Milano, accusati di importare centinaia di chili di cocaina dalla Colombia e di avere impiantato una raffineria in Lombardia. Il 10 febbraio 2011 il gip Cantù Rajnoldi condanna tutti a pene pesanti, intorno ai dieci anni di carcere. Ma dopo la sentenza deve depositare le motivazioni. Avrebbe tre mesi di tempo, ma arriva l’estate e delle motivazioni non c’è traccia. Colpa del carico di lavoro? Chissà. Passano ancora mesi, arriva l’inverno, passa Capodanno, e ancora niente. L’11 febbraio scorso, a un anno dalla sentenza, le motivazioni non si vedono ancora. Così quindici condannati, come giustamente prevede la legge, devono tornare liberi.
Ovviamente in tribunale la cosa non passa sotto silenzio. Di ritardi nei depositi, dovuti prevalentemente al sovraccarico di lavoro, se ne registrano sovente. Ma che un gruppo di narcos conclamati esca di galera perché il giudice non scrive la sentenza, a Milano non era mai successo. Si muove il presidente del tribunale, Livia Pomodoro: che non può prendere direttamente provvedimenti disciplinari, ma può sollecitare la Procura generale e la Cassazione a mettere sotto inchiesta il giudice lumaca. E si muove il ministero, che chiede ai capi di Cantù Rajnoldi, ovvero la stessa Pomodoro e la presidente dell’ufficio gip, Gabriella Manfrin, relazioni sull’accaduto. Le relazioni sono già partite per Roma, e pare che non lascino spazio all’indulgenza verso un episodio che viene considerato ingiustificabile.
Ora saranno ministero e Csm ad occuparsi a fondo del caso. E a quel punto è destinato a venire a galla un altro episodio, che ha per protagonista lo stesso magistrato, e che è ancora più surreale anche se non ha avuto conseguenze dirette.

Sul tavolo di Cantù Rajnoldi era infatti approdato nel 2010 il fascicolo relativo alle estorsioni che un gruppo di siciliani in odore di mafia avevano messo in atto per costringere un vincitore al Superenalotto a cedere alla cosca una parte del premio. Tre degli inquisiti scelgono il rito abbreviato, l’8 giugno 2010 Cantù Rajnoldi li condanna. Dopodiché si pentono tutti e vengono scarcerati. Tra un po’ saranno passati due anni e la sentenza ancora non c’è.

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