«Come unimmagine del destino», governato da un moto antichissimo e dalla medesima legge di sempre, appariva a Martin Heidegger il mare notturno nel quale affondava la chiglia della nave che nel 1962 lo trasportava in Grecia, in un viaggio del pensiero che lo avrebbe condotto sulle orme dei grandi spiriti dellantichità. Ispirato dal medesimo sentimento di venerazione e di intimità nei confronti della natura, il poeta Byron amava gettarsi fra le onde e cedere come in un atto damore allimpeto della loro forza, quando a Portovenere si tuffava in acque che ancor oggi incutono timore agli esperti nuotatori. E come non ricordare il tuffo di Empedocle nel cratere dellEtna, desideroso di espiare uningiusta colpa dissolvendo il suo corpo in un abbraccio insieme fatale e lustrale con le potenze della terra?
Il mare, il fuoco, ma non solo. Guardiamo al cielo, alle altezze inviolate delle cime dei monti e alle più vaste profondità dellorizzonte. Da sempre la manifestazione della natura attraverso i suoi elementi esercita un fascino irresistibile sulluomo, un fascino arcano e lontano che si fa canto e poesia (nonché filosofia, a sentire Aristotele!) e che oscilla fra lammirazione, lo stupore, la meraviglia e il sacro timore, il sospetto, la diffidenza. E da sempre il viaggio delluomo sulla terra racconta dellesperienza immediata di una bellezza che proprio nelle forme assunte dalla natura si manifesta in tutta la sua forza spesso indecifrabile.
Il viaggio rimane unoccasione privilegiata di decifrare un linguaggio che ci parla dalle più remote lontananze dello spirito, da un passato che ancora ci interroga, dal «paesaggio» allinterno del quale conduciamo instancabili il nostro cammino. Avvicinare, vivere e contemplare il paesaggio significa allora riappropriarsi del vincolo originario con la natura e soprattutto vivere unavventura esaltante che coinvolge tutte le facoltà delluomo.
E proprio al racconto del viaggio dellanima allinterno del paesaggio è dedicato il libro di Raffaele Milani (Il paesaggio è unavventura, Feltrinelli, pagg. 174, euro 15), docente di estetica allUniversità di Bologna, che ci conduce alla scoperta del piacere di guardare il mondo in un percorso nello spazio e nel tempo che è al contempo un tragitto nella memoria più profonda e intensa dello spirito umano. Guardare, ma non solo: osservare, contemplare, penetrare con i sensi. Un guardare che è più che guardare, è «un rito del tempo e dello spazio», quasi una preghiera. È una tradizione antica quella che vive in una nuova filosofia del paesaggio, in un nuovo modo di pensare la vita e il mondo che non vuole definire, ma alludere, richiamare, evocare. Il paesaggio allora non annulla i colori e le sfumature nel bianco indistinto di uno sfondo senza profondità, ma è «totalità che riunisce, avvolge, sintetizza... i frammenti del nostro sguardo dispersi lungo il tempo della sensibilità... è anima di uninfinita e magica concatenazione delle forme».
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