E Obama propone la Robin Hood tax

Il candidato democratico vuole tassare i profitti extra dei petrolieri

Il Paese della route 66, simbolo del viaggio, della libertà di spostamento senza limiti, complice il basso costo del carburante, ora deve fare i conti con la realtà. E così negli Stati Uniti la benzina, un tempo considerata meno dell’acqua, diventa un premio ambito. Chi prenota tre notti di albergo su hotel.com riceve un buono per il carburante equivalente a 50 dollari. Stessa cifra anche a chi apre un conto corrente presso la Tcf bank, istituto di credito con sede nel Minnesota. Anche l’associazione per la donazione di sangue, la Northern Ohio Blood Services Region della Croce rossa si mobilita, offrendo ai donatori la possibilità di vincere una carta per l’acquisto di benzina, dai 500 ai 3mila dollari.
Il fatto è che il prezzo del gasolio alle stazioni di servizio ha raggiunto nell’ottica del consumatore americano un livello stellare: quattro dollari al gallone (3,8 litri). La famiglia media spende ora in carburante circa il 4% del suo reddito netto. È la più grave crisi dei prezzi ad aver colpito gli Stati Uniti dalla Seconda guerra mondiale. Nel 1981, anno in cui toccò il picco, il gasolio pesava sul reddito netto degli americani per il 4,5%; per l’1,9% nel 1998, anno in cui è costato di meno in assoluto.
La crisi sta però colpendo a macchie di leopardo, penalizzando più le aree rurali, meno abitate e meno collegate, dove la macchina, il camion o il furgone (spesso pick up o fuoristrada dagli orrendi consumi) sono indispensabili per gli spostamenti, date anche le grandi distanze. Sono infatti gli Stati del Sud ad essere i più toccati, come New Mexico, Nord e Sud Dakota, Montana e Wyoming, Mississippi, Alabama, West Virginia, Kentucky. Meno coinvolti gli Stati del Nordest, più popolati e più ricchi, dove le distanze sono più brevi e i trasporti pubblici, come il treno o il bus, sono molto sviluppati.
A Sud, c’è chi si trova a dover scegliere se comprare la carne o se tenere da conto i soldi per la benzina. Anthony Clark, agricoltore di Tchula, nel Mississippi, non usa più la sua auto, preferendo pagare agli amici il passaggio al supermercato o in farmacia. La tratta per la cittadina più vicina costa 24 dollari, andata e ritorno,15 minuti di macchina. Bar e ristoranti chiudono perché nessuno esce più, pur di risparmiare. Le aiuole e il verde a lato delle strade sono trascurati: la miscela per le falciatrici meccaniche costa troppo.
Ma nonostante la crisi sia una delle più gravi ad aver colpito il Paese, secondo gli economisti, durante gli shock petroliferi degli anni Settanta e Ottanta, quando si creavano lunghe code ai distributori per la mancanza di scorte di gasolio, era ancora peggio. Il rischio oggi, secondo sociologi e demografi, è che le zone rurali del Sud si spopolino ulteriormente a favore di quelle urbane, con una diminuzione del gettito fiscale locale.
Era inevitabile che il problema diventasse uno dei temi centrali, insieme all’andamento generale dell’economia, della campagna elettorale. Ieri il candidato democratico alla Casa Bianca, Barack Obama, ha proposto «di far pagare società come la Exxon sugli extra profitti provocati dal caro petrolio per aiutare le famiglie colpite». Un’idea che ricorda molto la Robin Hood tax pensata dal ministro dell’Economia Tremonti.
Per gli Usa non è una novità assoluta. La tassa sui profitti inattesi dei petrolieri era stata introdotta nel 1980, all’epoca della seconda crisi petrolifera e revocata da Reagan otto anni dopo.

La proposta di Obama è una sfida lanciata al rivale nella corsa alla casa Bianca, il repubblicano John McCain, per il quale l’andamento dell’economia, frutto delle politiche del repubblicano Bush, potrebbe rivelarsi il vero tallone d’Achille. Ma intanto c’è chi, come Dale Keller, 46 anni, di Pittsburgh, in California, ha dichiarato ai giornali che ogni sera, prima di addormentarsi, prega perché la benzina costi meno.

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