Caro Granzotto, è arrivata anche Pontida ma non è successo nulla. Forse il nostro (i nostri) non si rende conto che la gente che lavora è stufa marcia di questi raduni pieni di bandiere, slogan e salsicce alla brace. La gente vuole fatti e i fatti non sono i ministeri al Nord (buffonate); sono la riduzione del numero dei parlamentari, labolizione delle Province inutili, il controllo sulla spesa pubblica dove troppi furbi (vedi funzionari siciliani) sguazzano traendone profitti a nostre spese, la riduzione dei privilegi di parlamentari e di chi li circonda, la riduzione delle tasse che prosciugano i nostri guadagni, la certezza dei pagamenti soprattutto da parte degli Enti pubblici che sono i primi a disattenderli, la semplificazione delle pratiche burocratiche, la difesa del cittadino dai poteri forti, la riduzione dei tempi per le cause civili, il controllo sulle banche che applicano tassi da usura, la galera per chi delinque senza distinzione di ceto e/o ricchezza, leliminazione dellarroganza degli uffici del fisco che per un controllo partono con minacce lancia in resta. Tutte cose trite e ritrite vero? Ma sembra che chi ci governa non le tenga in considerazione.
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Sono subissato da mail di lettori - in maggioranza di parte leghista - esasperati, disillusi, inferociti con il proclama di Pontida. E tutti hanno sciorinato le stesse cose alle quali la coalizione di governo dovrebbe senza indugio metter mano per ridurre la spesa, che elenca lei, caro Minotti, ed anzi qualcuna in più come labolizione dei portaborse, la riduzione delle auto blu a una cinquantina e il taglio del 50 per cento dei mastodontici rimborsi elettorali. Tutti daccordo, quindi, ma la scelta è caduta sulla sua lettera perché è il solo ad aver rinunciato a esprimere il dissenso con parole grosse, volgari, che la decenza trattiene dal pubblicare. Eppure, decenza a parte seguito a chiedermi se non fosse stato più giusto darne conto, parlo delle parolacce, perché leggendole i destinatari avrebbero tastato il vero polso dellelettorato. Ricavandone la certezza che la sua frequenza cardiaca è alle stelle. Superato il giro di boa della legislatura appare chiaro che le grandi riforme, quelle definite storiche o epocali - fisco, giustizia, welfare - non sono, al momento, realizzabili. Mancano i soldi (e questo già basterebbe), manca la volontà dellopposizione di contribuirvi con proposte e critiche che non siano il solito e preventivato «no», manca una serena dialettica allinterno della maggioranza e, non ultimo, manca il necessario equilibrio della più alta carica dello Stato la quale, spianando preliminarmente il fucile, finisce per avvilire ogni volontà riformista. Però qualcosa bisogna pur fare per restituire al governo brillantezza e vivacità perduta negli ultimi tempi e per riportare a ritmi meno accelerati il battito cardiaco dellelettorato. Ad esempio, metter mano a quelle che lei, caro Minotti, giustamente definisce «cose trite e ritrite». Con la «lenzuolata» di Bersani - decine di liberalizzazioni per lo più demagogiche e populiste - il governo Prodi si guadagnò (anche presso lelettorato di destra) laura di riformista. Del governo «del fare». Una lezione da non dimenticare e che dovrebbe indurre la maggioranza a varare senza indugi un pacchetto di riforme ad altissimo indice di gradimento: generosa diminuzione del numero dei parlamentari; abolizione delle Province; abolizione del privilegio di casta più odioso e costoso, le auto blu; parità tra fisco e contribuente nei tempi (e nei modi) di versamento di rimborsi e more; concreta semplificazione della burocrazia (che ancora esige il certificato di esistenza in vita, per dire).
Paolo Granzotto
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