Caso Visibilia, Santanchè batte Ferrari

La giornalista Rai perde la causa penale e civile. Il giudice: accuse infondate

Caso Visibilia, Santanchè batte Ferrari

Daniela Santanchè, presidente e ad di Visibilia Editore, ha vinto la causa con Paola Ferrari sia in sede penale che civile. La vicenda era iniziata nel marzo del 2016 con la denuncia presentata dalla giornalista e conduttrice televisiva di 90° minuto nonché moglie di Marco De Benedetti, Paola Ferrari, che è anche socia di minoranza di Visibilia. Nell'esposto si chiedevano accertamenti, ipotizzando il reato previsto dall'articolo 2634 del codice civile (infedeltà patrimoniale) per via dell'acquisto delle due testate, Novella 2000 e Visto, nonostante la società versasse in una situazione critica. Il 12 febbraio dell'anno scorso, Paola Ferrari aveva lasciato la presidenza della società editrice che pubblica le riviste Ciak e Ville & Giardini ed è anche quotata in Borsa. Sarebbe così naufragata la storica amicizia tra l'imprenditrice-parlamentare e la giornalista poi finita nella battaglia legale vinta da Santanchè (la cui concessionaria raccoglie anche la pubblicità del Giornale, ndr)

Lo scorso 30 maggio, infatti, il giudice per le indagini preliminari Alessandra Del Corvo ha disposto l'archiviazione del procedimento poiché «la notizia di reato è infondata». Secondo il giudice, infatti, «il subentro di Visibilia non può ritenersi essere stato imprevisto ed imprevedibile, atteso che la De Benedetti risultava essere una delle due firmatarie della side letter allegata al contratto di cessione del 21 dicembre 2016 e che, a tale subentro, si faceva esplicito riferimento nel corso del consiglio di amministrazione del 22 marzo 2016». Lettera che, sottolinea il giudice, «non vi sono elementi per ritenere falsa».

Anche il tribunale di Milano, sezione specializzata in materia di imprese, chiamato a decidere circa l'istanza di revoca degli amministratori di Visibilia Holding, ha rigettato la domanda avanzata dalla Alevi srl, società controllata da Ferrari, condannandola

della società ricorrente al pagamento delle spese processuali.

«Di conseguenza, non si ravvisano nemmeno gli ultimi elementi costitutivi del reato ipotizzato, ovvero la sussistenza di un danno cagionato con dolo intenzionale».

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