Il giallo della quota Eni: «La vendiamo. Anzi no»

La gaffe del viceministro allo Sviluppo economico De Vincenti che confonde il Cane a sei zampe con l'Enel

A poco meno di un mese dalla vendita di una quota di Enel sul mercato, si aprono nuovi scenari sul fronte privatizzazioni, con il governo che lascia trapelare la possibilità di «fare qualcosa del genere anche per Eni». Ma alla notizia, rivelata dal viceministro dello Sviluppo economico Claudio De Vincenti (Pd), segue netto il dietrofront prima di De Vincenti stesso e poi direttamente del Tesoro: il collocamento di quote di Eni «non è previsto», dichiara il primo azionista.

Intorno alle sorti del colosso petrolifero si è prodotto ieri un vero giallo fatto di notizie, incomprensioni, smentite. Con il titolo che non ha reagito al susseguirsi delle dichiarazioni per poi chiudere a +0,46% a 15,31 euro per azione. «Il punto chiave - ha detto De Vincenti ai giornalisti che gli hanno chiesto lumi su nuove privatizzazioni e su un eventuale collocamento di Eni, in particolare - è che resta una partecipazione di riferimento del pubblico perché sono tutte imprese strategiche. Anche quello che verrà messo sul mercato è limitato per mantenere un ruolo di riferimento all'azionista pubblico». Il viceministro ha quindi richiamato «quanto già fatto su Enel», spiegando che «faremo qualcosa del genere anche su Eni».

Ma dopo che la notizia ha iniziato a diffondersi in rete e sulle agenzie di stampa, a stretto giro di posta arrivava una nota dallo stesso viceministro che metteva in guardia da una sostanziale incomprensione: «La risposta riportata dalle agenzie di stampa sulla eventuale cessione di una quota Eni - è il testo della nota di De Vincenti - risente in realtà di un “misunderstanding”: intendevo infatti riferirmi alla messa sul mercato già realizzata di una quota Enel». E subito dopo la nota di Via XX Settembre: «Il ministero dell'Economia e delle Finanze precisa che non è prevista la collocazione di quote Eni sul mercato».

La gaffe è ancora più forte perché, a differenza di Enel, la quota di Eni detenuta direttamente dal Mef è solo del 4,3%. Mentre il 25,7% fa capo alla Cdp (Cassa Depositi e Prestiti).

Risale a fine febbraio la dismissione da parte del Tesoro del 5,74% di Enel, che ha portato la quota dal 31,2 al 25,5%. In questo caso l'annuncio della quinta tranche di privatizzazione della spa elettrica era nell'aria da tempo, ma il Mef si era sempre limitata a commentare le ricorrenti indiscrezioni precisando che la cessione sarebbe avvenuta in un momento di condizioni favorevoli dei mercati. Quanto alle altre società potenzialmente collocabili sul mercato, era stato il premier Matteo Renzi a osservare, durante la conferenza stampa di fine anno, che «andremo su Poste e stiamo lavorando al futuro di Ferrovie. Personalmente credo che la privatizzazione ulteriore di Eni sia tutta da verificare alla luce delle condizioni di mercato. Oggi con il petrolio in queste condizioni dobbiamo valutare, riflettere».

Ma a tal proposito, sempre ieri De Vincenti ha anche assicurato che «Eni è una società molto forte, che al di

là dell'andamento dei prezzi del petrolio, ha prospettive di mercato solidissime». Il collocamento di un'ulteriore quota del Cane a sei zampe era stato previsto dal governo Letta ed era atteso già per l'autunno del 2014.

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