Unicredit «scopre» 1,8 miliardi in Fineco

Per comprendere il piano industriale di Unicredit, che l'amministratore delegato Federico Ghizzoni prensenterà questa mattina, vale la pena partire da un dato: la controllata Fineco, pioniera dell'online in Italia e che da sempre si autodefinisce the new bank nel proprio claim, ha un valore potenziale di 1,8 miliardi. Non così distante dai 2 miliardi di capitalizzazione che Piazza Affari assegna alla Popolare di Milano.
Proprio la quotazione di Fineco, andamento dei mercati finanziari permettendo sarà, a meno di imprevisti, uno dei perni del progetto industriale che accompagnerà Unicredit da qui al 2018. Le stime sono di Equita, che ha applicato a Fineco una valorizzazione pari a 12 volte il rapporto prezzo/utile. In Borsa dovrebbe finire il 25-30% della controllata, con un introito per Unicredit di 540 milioni e una spinta al patrimonio di dieci punti base (in termini di Core Tier One), a fronte di un capital gain vicino a 200 milioni. Altri analisti sono ancora più ottimisti: in Piazza Affari Unicredit ha così chiuso in progresso del 2,98% a 6,04 euro, favorita dai giudizi di Jp Morgan (che ha portato il prezzo obiettivo a 7,2 euro) e di Mediobanca Securities. Con 900mila clienti e 40 miliardi di asset totali, Fineco è uno dei pochi operatori che unisce la vocazione online a una forte quota di risparmio gestito, ma il caso è sintomatico del mutamento cui sta andando incontro l'intera industria creditizia del Paese. Impegnata a ridisegnare, con il nuovo contratto dei bancari in discussione tra Abi e sindacati, i modelli di banca del post crisi.
Forse anche per questo Unicredit, dopo aver studiato le nuove filiali, darà oggi un'altra accelerazione alla multicanalità e alla digitalizzazione con - si stima - investimenti per qualche miliardo nell'arco del piano.
Il probabile approdo in Borsa di Fineco promette inoltre di diventare in prospettiva il volano per una più generalizzata rivisitazione del perimetro delle controllate. Magari cedendo in blocco o in parte il big del risparmio gestito Pioneer e valorizzando i presidi nei Paesi esteri più problematici, a partire dall'Ucraina.
Mantenendo gli occhi fissi sulla cartina, il percorso di espansione punterà invece principalmente sulla redditizia Polonia, sulla Turchia e sulla Russia. In questo caso, l'obiettivo di Ghizzoni appare quello di accrescere il peso nel segmento corporate (cioè quello che serve le imprese), nel tentativo di raggiungere il primo posto in Europa. Sono attese novità anche sulla gestione del macigno dei crediti deteriorati, problema che ha già visto Unicredit firmare un paio di accordi con operatori specializzati internazionali. L'indiziata è la controllata Unicredit credit management bank, la «mini-bad bank» made in Piazza Cordusio per cui si sono già fatti avanti alcuni compratori. Resta invece ancora in fase di gestazione, il progetto comune con i concorrenti di Intesa Sanpaolo e Kkr.
Altro punto del piano, l'idea di scommettere con forza, tramite nuove iniziative mirate che affiancheranno quelle già in cantiere, sui prestiti alle famiglie (a partire dai mutui casa) e ancora di più sulle imprese.


Ghizzoni firmerà oggi anche il suo primo bilancio annuale nella sede che si affaccia su piazza Gae Aulenti: l'attesa è che la banca possa optare per un dividendo in azioni, così da fare provvista in vista del check up congiunto organizzato da Bce ed Eba.

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