Caro Granzotto, in Libia le cose no stano mettendosi bene per i rivoltosi. In attesa di sapere come andrà a finire e visto che la comunità internazionale sta facendo chi più chi meno il pesce in barile, lei da che parte milita? Gheddafi o gli insorti?
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Che domande, caro Ponte: gheddafista. E cosaltro potrebbe essere un liberale e democratico? Sì, lo so, ora il colonnello Gheddafi è dipinto peggio del demonio e (a parole) lo si vorrebbe addirittura bombardare, comunque cacciar via con le buone o con le cattive. In verità nemmeno a me pare uno stinco di santo, però per oltre quarantanni, e quarantanni non sono bruscolini, Gheddafi ha ricevuto ed è stato ricevuto da tutti i 192 capi di Stato e di governo delle nazioni rappresentate allOnu. E dal Segretario generale dellOnu medesimo. Non ricordo se ebbe a incontrarsi anche con madre Teresa di Calcutta, ma non lo escludo. Se fosse stato quel demonio autoritario e liberticida come lo si dipinge oggi, vuole, caro Ponte, che quando erano a Palazzo Chigi un DAlema o un Prodi - i quali considerano bestemmia ciò che ha detto il ministro Frattini, e cioè che lEuropa gli interlocutori mica se li può scegliere - non avrebbero rotto i rapporti diplomatici ed economici con la Libia? Non avessero detto: il suo petrolio, caro Gheddafi, non lo vogliamo più, perché è il petrolio di un impostore e tiranno, ergo macchiato di sangue. Lhanno fatto? No, non lhanno fatto. E perché non lhanno fatto? Perché ai loro occhi Gheddafi era un buon interlocutore oltre che il capo e rappresentante di una nazione sovrana. Se per oltre quarantanni le cose sono andate così, che ora si faccia a gara per dire quantè pessimo Gheddafi, fa un po ridere. Deve poi sapere che quello che minduce al gheddafismo è anche che dai e dai la sinistra mi ha convinto che no, nulla si risolve con la forza, ma tutto col dialogo e il confronto. Bisogna essere coerenti, ecchediamine: il sentimento pacifista non può essere come la febbre terzana che viene e che va. Lo stesso vale per la prevalenza, ma che dico prevalenza: per il primato civile, morale, culturale e politico del dialogo&confronto. Pertanto e in base a quel primato, finché la piazza dialoga, finché la piazza si confronta, passi. Ma quando alla piazza cominciano a prudere le mani facendole poi prudere dieci volte di più allinterlocutore e finisce a botte, alle cannonate sparate dambo le parti, le cose cambiano. Si dirà: e cosa poteva fare la povera piazza contro la brutalità della soldataglia gheddafiana? Come Gandhi, poteva fare. Anche qui, tanto lhanno menata col Mahatma, coi suoi poster, la sua non violenza, il suo dhoti e i suoi sandali, il pacifismo, il «bisogna convertire lavversario ad aprire le sue orecchie alla voce della ragione», che alla fine mi sono convertito anchio. Quella, quella gandhiana è lunica strada da percorrere, lo dicono anche Celentano, Fabio Fazio, il professor Agnoletto, Roberto Saviano e Gino Strada.
La presa di Tobruk e poi di Bengasi e poi ancora delle cittadine strategiche perché lì cè il petrolio, da parte degli insorti ha cambiato tutto, caro Ponte: stava a dimostrare che la protesta, civile protesta, democratica protesta, addirittura una «primavera», sera convertita in guerra. In una ferrigna prova di forza per la conquista da un lato e la conservazione dallaltro, del potere. Lei può dunque ben capire che un democratico, un liberale non può, non deve nutrire simpatie per una parte che armi in pugno intende sovvertire lordine costituito. E l'ordine costituito, da oltre quarantanni, è quello gheddafiano.
Paolo Granzotto
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