Gli indici di gradimento di Barack Obama da parte dell'opinione pubblica americana staranno anche andando in picchiata, ma è verosimile che l'indice di gradimento del pubblico americano da parte di Obama sia già precipitato.
Nel novembre scorso, l'attuale presidente ha conquistato una significativa vittoria elettorale dietro le promesse di salvare la malridotta economia nazionale e di procedere a una radicale riforma del servizio sanitario con il governo al suo fulcro. Quanto a spendere denaro ha certamente avuto successo. Secondo una stima dell'Ufficio Congressuale del Bilancio, il debito federale si gonfierà fino alla cifra di 17.1 triliardi di dollari entro il 2019. Ora Obama sta valorosamente cercando di onorare la sua seconda promessa. Tra il mantenimento delle promesse di cui sopra e i segnali di un miglioramento dell'economia, Mr. Obama avrebbe tutte le ragioni di ritenere che i suoi indici di gradimento stiano andando alle stelle.
Per contro, stando a un sondaggio Gallup, a luglio l'opinione negativa delle politiche economiche del presidente è cresciuta al 49% rispetto al 30% di febbraio. Perfino tra i più accesi sostenitori del presidente, i giovani tra i 18 e i 29 anni di età, rispetto a gennaio il suo gradimento ha perduto 11 punti.
Mentre membri del Congresso tentano di spiegare al pubblico le politiche dell'esecutivo, questa insoddisfazione sta prendendo le forme di proteste di piazza. Da un capo all'altro degli Stati Uniti, elettori infuriati hanno dato vita a dibattiti municipali incendiari riguardo alla proposta sulla riforma sanitaria, definendola troppo costosa, di stampo socialista, incomprensibile e lamentando il fatto che i loro stessi parlamentari non l'hanno neppure letta.
Da sinistra, sono in molti a stigmatizzare la perdita di gradimento del presidente come opera di provocatori di destra. In un editoriale pubblicato su Usa-Today in data 10 agosto, il presidente della Camera Nancy Pelosi e il capo della maggioranza alla Camera Stony Hoyer hanno bollato gli scontri nei municipi come parte di una «campagna denigratoria» intrisa di spirito «anti americano». Qualche giorno prima, Harry Reid, capo della maggioranza al Senato, ha usato il termine «sabotaggio».
Gridare al complotto - solida e collaudata tradizione da parte di leader avversati dall'opinione pubblica - è un atteggiamento paranoico e autolesionista. Cosa ancora più importante, è un atteggiamento che semplicemente ignora la cultura di molti americani: una cultura indipendente e ottimistica, diffidente delle favolette del palazzo e intollerante verso qualsiasi politica che metta un'ipoteca sul futuro.
Esaminiamo i fatti. A dispetto del voto di novembre, è chiaro che, quando gli americani non si trovano in uno stato di completo panico, essi detestano la promiscuità fiscale del governo. Il collasso degli indici di gradimento del presidente è causato solo e solamente dall'atteggiamento spendaccione dell'amministrazione. Nel sondaggio Gallup del luglio 2009, la ragione principale della disapprovazione delle politiche economiche del presidente è, letteralmente, «sta spendendo troppo». La seconda ragione è il timore che, attraverso appropriazioni di conglomerati e salvataggi finanziari di banche, il presidente stia «conducendo la nazione verso il socialismo».
In sostanza, che problema abbiamo con il modo in cui il governo spende il denaro? Non ci limitiamo a pensare che sia uno spreco che non produce risultati (per quanto quasi tutti pensino che sia vero). A tutti gli effetti, gli americani ritengono che il governo stia rendendo loro la vita difficile.
Nel gennaio 2009, il Centro Ricerche Pew ha chiesto a un campione di duemila americani: «Pensate che il governo stia cercando di aiutare la gente a migliorare la propria posizione economica oppure pensate che la stia danneggiando?». Nel mezzo della più perniciosa crisi economica in molti decenni, gli americani i quali ritengono che il governo li stia danneggiando economicamente sono in maggioranza rispetto a coloro i quali sostengono il contrario (50% contro 39%). Altri sondaggi indipendenti eseguiti nel medesimo periodo hanno rilevato che solo un americano su cinque si fida del governo.
I cittadini tollerano molto, ma non da parte di qualcuno che mette a rischio il loro futuro. Non c'è pressoché nulla che incrini il concetto di felicità degli americani quanto la perdita di fede in un domani migliore.
La maggior parte degli americani vede un futuro migliore nel sistema della libera iniziativa nel momento in cui (riscontro del sondaggio Pew del marzo 2009) il 70% degli intervistati dichiara che «per quanto di quando in quando ci siano inevitabili alti e bassi, la gente sta meglio in una economia di libero mercato». Non ci sono prove che la minoranza degli americani accetti l'idea che un debito federale di 17.1 triliardi di dollari, un maggiore coinvolgimento del governo su lavoro e sanità, e una tassazione iper-progressista offrano a loro e ai loro figli la speranza che meritano.
L'amministrazione e il Congresso non possono respingere simili accuse chiamando in causa l'anti-americanismo o implausibili teorie di cospirazione quando i cittadini scendono a manifestare. I sondaggi sono l'onesta prova dello scontento verso la direzione intrapresa dal nostro Paese. Che i leader non ignorino questa prova.
*presidente dellAmerican Enterprise Institute
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