Alla fine quel «siamo tutti thatcheriani» pronunciato da David Cameron in un'intervista radiofonica poco prima che tutto avesse inizio è divenuto la colonna sonora del funerale di Stato di «Maggie». Un evento tanto contestato eppure svoltosi in totale tranquillità quasi che le diatribe dei giorni scorsi fossero state silenziate all'improvviso. Poche le contestazioni, eccellente il servizio d'ordine, parecchie lacrime, molta silenziosa commozione. La bara del primo e unico Primo Ministro inglese donna, avvolta nella bandiera nazionale ha sfilato tra due ali di folla composta da Westminster fino alla Cattedrale di St.Paul dove si è tenuto il servizio funebre. Tutto si è svolto in perfetto orario come sarebbe piaciuto alla Baronessa.
In una quiete quasi irreale - il Big Ben aveva suonato gli ultimi rintocchi un quarto d'ora prima dell'inizio della processione e rimarrà in silenzio fino alle 12.59 - il feretro è passato di fronte al numero 10 di Downing Street, ha girato intorno a Trafalgar Square e ha proseguito verso lo Strand per giungere alla sua destinazione finale, prima che la sua salma venga cremata e la Lady sepolta al Royal Hospital, accanto al marito Denis. Nella Cattedrale arrivano alla chetichella 2.300 invitati per l'ultimo saluto. Ci sono la regina con il marito e la sua presenza trasforma di per sé l'evento nel funerale di tutti. Ci sono i veterani della guerra nelle Falkland e i rappresentanti delle Forze Armate che la Thatcher tanto amò in vita. Ci sono i sopravvissuti dei suoi governi e quelli di quello attuale. E a sorpresa le telecamere inquadrano un David Cameron e un George Osborne particolarmente commossi, gli occhi pieni di lacrime.
Fuori un gruppo di manifestanti ci tiene a dissentire e volta le spalle al passaggio della bara, in un civile dissenso consono all'occasione. Ma sono migliaia le donne e gli uomini che arrivano silenziosamente, si assiepano composti dietro le transenne che delimitano l'accesso alla via principale. Molti di loro indossano un vestito scuro, alcune signore perfino il cappellino da cerimonia. Come fossero state anche loro ufficialmente invitate al funerale di Maggie. Perché in fondo, per tutta la gente comune che ieri ha affollato le strade del centro londinese, lei era soprattutto una di loro. La «figlia del macellaio» amata dalla classe media, ma anche da molti cittadini della working class che ritengono di aver avuto una vita migliore grazie alle sue politiche. David, una cinquantina d'anni, lavora nelle Ferrovie e ha voluto essere presente per onorare la memoria di una donna «incredibile». «È giusto essere qui e portarle rispetto perché per tutti noi ha fatto moltissimo - spiega - ha osato opporsi allo strapotere dei sindacati come nessuno aveva mai fatto prima e mi creda, era difficile allora. Eppoi ha difeso le Falkland con una fermezza che le va riconosciuta».
Celia Roberts ha più o meno l'età della Lady di Ferro, la sua esistenza è trascorsa in parallelo. Per arrivare puntuale nel centro di Londra si è presa la briga di alzarsi all'alba. I suoi figli hanno tentato di dissuaderla dall'andare. «Che ci vai a fare» le hanno detto con un tono tra l'incredulo e il seccato. Lei però è venuta. «I giovani non sanno che cos'era il nostro Paese prima della Thatcher - racconta - non hanno idea di quanto male stessimo. Io invece me lo ricordo bene e so che dopo di lei nulla è stato più lo stesso. Se siamo usciti dalla povertà è grazie a lei». Sarah e sua sorella avevano otto e dieci anni quando Maggie fu eletta per la prima volta. Sono venute a portarle la riconoscenza di tutta la loro famiglia. «Penso che per i miei genitori sia stata fondamentale, ha aiutato mio padre a mettere su la sua società». In che senso? «Nel senso che con lei, se uno era un gran lavoratore veniva pagato il giusto. Mio padre vendeva accessori protettivi per i Vigili del Fuoco. Tute ignifughe, cose così. Allora non era facile farsi strada da solo, con la Thatcher lui ce l'ha fatta». A funerale concluso, una bella signora bionda scruta impaziente la strada alla ricerca di qualche Vip da immortalare.
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