di Livio Caputo
Se prendessimo alla lettera il comunicato di ieri dalla Commissione di difesa nazionale nordcoreana, emesso su ordine del nuovo (e non ancora trentenne) leader Kim Jong Un, dovremmo prepararci alla prima guerra atomica della storia dopo le bombe di Hiroshima e Nagasaki. Pyongyang, infatti, annuncia un nuovo esperimento nucleare e nuovi test missilistici con l'obbiettivo di colpire gli Stati Uniti, «nemico giurato», e per buona misura aggiunge che «la disputa con gli Stati Uniti si risolve con la forza, non con le parole». Ma la reazione da parte di Washington è stata così misurata («invitiamo la Corea del Nord a non procedere, sarebbe un errore e un'occasione mancata») da far pensare che gli americani non siano troppo preoccupati. Kim dispone già - stando alla Cia - di alcune bombe, sta cercando di trasformarle in testate per il suo nuovo ma non ancora testato razzo intercontinentale KM-08 con una gittata di 10.000 km (cioè sufficiente a raggiungere la costa statunitense sul Pacifico). Adesso vuole far sapere al mondo che non intende rinunciare al proprio deterrente, nonostante le pressioni congiunte e le promesse di aiuti ricevute nel corso degli anni da Usa, Giappone, Russia, Corea del Sud e Cina. Ma di qui a lanciare un attacco nucleare contro l'America, il passo sarebbe davvero molto lungo. Pertanto il bellicoso annuncio di Pyongyang viene interpretato non tanto come il preludio a una guerra, da cui la Corea del Nord uscirebbe comunque annientata, quanto come una risposta, anche ad uso interno, alle nuove sanzioni adottate dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu martedì scorso per punire Pyongyang del lancio di un satellite del 12 dicembre scorso in violazione della risoluzione 1874.
Ciò nondimeno, la sortita di Kim è giudicata molto negativamente, per almeno due ragioni: primo, cancella le speranze, alimentate da alcuni gesti inconsueti, che il nuovo leader avrebbe assunto un atteggiamento più conciliante nei confronti di una comunità internazionale schierata abbastanza compattamente contro di lui (anche l'amica Cina ha votato le sanzioni, e il suo leader Xi ha disapprovato la corsa alla bomba di Pyongyang) e che quindi fosse possibile riprendere i negoziati per la smilitarizzazione nucleare della penisola coreana; secondo, rappresenta uno schiaffo per la nuova presidente della Corea del Sud, la signora Park Geun Ye, che aveva fatto concrete aperture verso il Nord.
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