da Milano
Jeffrey Lacker, presidente della Federal Reserve di Richmond, probabilmente se la starà ridendo: fin che ha potuto votare (da febbraio è tornato in «panchina» a causa del sistema di rotazione in vigore alla Fed), ha votato per alzare i tassi Usa. Lunico a insistere, da giugno 2006 fino al gennaio di questanno, allinterno di un board compatto nella decisione di lasciare invariato il costo del denaro per cinque riunioni consecutive, sullopportunità di una stretta. Ora, però, Lacker rischia di prendersi una rivincita. Forse non tanto sui colleghi, quanto almeno su quanti già scommettevano su un taglio dei tassi in marzo allo scopo di contrastare lindebolimento delleconomia.
E invece: la crescita americana è risultata più forte del previsto, al punto che un campione di 71 economisti interpellati da Bloomberg stima unespansione del Pil nel primo trimestre del 2,5%, rispetto al 2,3% di un mese fa. Lo stesso panel prevede una crescita per lintero 2007 del 2,7%, tale da lasciare al numero uno della Fed, Ben Bernanke, i margini necessari per tenere ancora ferme le leve dei tassi. Lipotesi rischia tuttavia di scontrarsi con gli orientamenti espressi dalla banca di Washington nellultima riunione: così comè ora, linflazione non va e potrebbe rendere necessari altri rialzi del costo del denaro. Per averne una conferma, basta ascoltare William Poole presidente della Fed di St. Louis e membro votante del Fomc: «Se linflazione core dovesse rimanere al di sopra del 2%, per me sarebbe inaccettabile», ha spiegato a Bloomberg. Precisando inoltre che se leconomia americana dovesse «sorprenderci per eccesso (le analisi della Fed indicano un più 3% per il Pil 2007), allora la politica monetaria dovrà subire una certa stretta».
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