Economia

Fiat rivede i 7 euro: la Borsa crede alla svolta d’autunno

Attesa per la nuova Punto e per le azioni da convertire. Crisi Gm, il New York Times scrive: «Ha tre anni di vita»

Marcello Zacché

da Milano

La riscoperta del settore auto, ma non solo. Dietro al balzo delle quotazioni della Fiat, che ha ieri chiuso in Borsa in rialzo del 3% tornando sopra i 7 euro, c’è il ritorno di fiamma dei mercati per i produttori europei (l’indice del comparto è salito ieri dell’1,5%, con Daimler oltre il 2,4%), ma anche qualcosa di tutto torinese.
I «segnali forti» indicati l’altro ieri dal presidente Luca di Montezemolo, che ha sottolineato che a fine anno il gruppo «avrà più che dimezzato la perdita del 2004», hanno fatto da volano al titolo a due settimane dal lancio della «Grande Punto». L’appuntamento del 5 settembre svelerà la vettura che, nelle intenzioni dell’ad Sergio Marchionne, dovrà rappresentare la svolta del gruppo nel 2006, con un obiettivo di 360mila ordini per il primo anno. D’altra parte si tratta dell’atout del gruppo, che da sempre si gioca fama, credibilità e successo sul segmento «B» delle compatte, punto storico di forza del Lingotto.
Il salone di Francoforte, appuntamento biennale che quest’anno apre i battenti in anteprima il 12 settembre, rappresenterà la passerella della Grande Punto, ma anche quella del lancio di un’altra vettura attesa: la nuova sport wagon Alfa Romeo 159, che sostituisce la 156.
La somma di questi elementi ha probabilmente innescato l’ottimismo del mercato azionario, che è ormai anche entrato nel vivo delle valutazioni sul rimborso in azioni del prestito «convertendo» da 3 miliardi in scadenza il 20 settembre. Il rialzo del titolo, infatti, non dispiace alle banche che dovranno convertire a un prezzo pari alla media tra i 14,4 euro pagati nel 2002 e la media dei prezzi degli ultimi tre mesi: più quest’ultima si alza, meno forti saranno le minusvalenze da sopportare (il prezzo di conversione è oggi di 10,15 euro). Inoltre va notata la correlazione inversa che si è stabilita tra il titolo Fiat e la sua controllante Ifil, che detiene il 30% del capitale (pari a circa il 40% degli asset al netto della liquidità): in linea teorica a un apprezzamento di Fiat dovrebbe seguirne uno correlato di Ifil. Invece anche ieri, come accade da un po’, Ifil è rimasta quasi ferma. Segno che c’è chi scommette su un imminente impiego della liquidità della holding in azioni Fiat messe in vendita dalle banche dopo la conversione, per limitare la diluizione prevista dal 30 al 22% nel capitale del Lingotto.
Tutt’altra la musica in Nord America dove, secondo il New York Times, la General Motors avrebbe tre anni di vita. Il numero uno dei produttori mondiali di auto, schiacciato dai problemi finanziari legati all’assistenza previdenziale ai suoi dipendenti, avrebbe un’autonomia limitata a un triennio, al termine del quale si sarà esaurita la liquidità necessaria per colmare la differenza tra il cash flow generato dal business delle auto e le richieste del sistema previdenziale. L’unica alternativa sarebbe quella di tagliare le spese sanitarie e pensionistiche.

Un’ipotesi catastrofica a cui però Wall Street non ha dato molto peso: il titolo ha chiuso ieri con un lieve calo dello 0,4% a 33,4 dollari.

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