Roma - "La predicazione nelle moschee deve essere fatta in lingua italiana. E più in generale, il Corano deve essere predicato nella lingua del paese in cui il musulmano vive". Con questa proposta il presidente della Camera, Gianfranco Fini riapre il dibattito, già fonte di polemiche, sui luoghi di culto islamici In Italia. E se la proposta di Fini riceve attacchi da parte del Prc e del Pd e il plauso della Lega, divide le comunità islamiche con il consenso del Centro islamico culturale d’Italia e la critica dell’Unione Comunità islamiche in Italia (Ucoii).
Fini parla da Abu Dhabi, dove si trova in una visita negli Emirati Arabi si dichiara d’accordo con il principe Bin Zayed il quale, spiega il presidente della Camera, "è fermamente convinto della necessità, in Italia come negli altri Paesi, di una predicazione del Corano nella lingua del paese che ospita il musulmano. E ciò perchè, come avviene negli Emirati, non ci sia alcun tipo di predicazione e istigazione all’odio durante un momento che deve essere soltanto religioso".
Questa notazione, sottolinea il presidente della Camera, "va tenuta presente soprattutto in Italia, vista la superficialità con cui qualche volta da noi si affrontano questioni così complesse". Negli Emirati Arabi Uniti esiste un’autorità dello Stato che verifica che le orazioni pronunciate nelle moschee non contengano istigazioni all’odio. Una posizione che suscita la reazione polemica del Prc: Paolo Ferrero ricorda che "per poter discutere in che lingua si deve pregare nelle moschee occorre che le moschee in Italia si possano costruire. Invece - spiega - siamo in una situazione folle in cui i mussulmani sono sovente obbligati a pregare nei sottoscala e per strada".
Il segretario del Prc sollecita quindi una legge per la libertà religiosa e in quel contesto - a suo avviso - di deve porre il tema della lingua. Secondo il Pd la proposta di Fini è "inefficace". "Innanzitutto - spiega Enrico Farinone - perché bisognerebbe controllare periodicamente tutte le moschee poi perchè la lingua dell’Islam è l’arabo e la predicazione obbligatoria in italiano rischierebbe di provocare un senso di rigetto verso il nostro paese". "Per evitare l’istigazione all’odio - dice - la soluzione è una sola: maggiore integrazione".
Di altro tono la reazione della Lega. Roberto Cota sottolinea "che sia dal cardinal Poletto sia da Fini viene posta l’attenzione su temi che sono stati sviluppati nel dettaglio nella proposta di legge leghista che stabilisce anche le prediche siano fatte nella nostra lingua mentre le moschee non possano essere costruite a meno di un chilometro dalle chiese".
Dal Pdl Souad Sbai si dichiara felice che Fini abbia fatto sua "una battaglia portata avanti dall’associazione delle donne marocchine in Italia" Profondo il dissenso invece dei Radicali soprattutto sulla costruzione delle moschee. Silvio Viale sottolinea che "porre veti alla costruzione di moschee, delle quali i minareti sono una componente, significa legittimare le posizioni dei persecutori dei cristiani nel mondo e di ogni persecuzione verso le minoranze religiose".
Divise le organizzazione islamiche in Italia. Per l’Ucoii "i politici non conoscono la realtà". "In Italia - spiega Issedin Elzir - già accade che il sermone sia in parte in arabo e in parte in italiano e che occorre una traduzione. Serve più dialogo, dobbiamo conoscerci di più". "Se il timore è che in arabo possano essere dette parole di odio, l’odio si può esprimere in tutte le lingue".
Dal Centro Islamico Mario Scialoja si dichiara invece "totalmente d’accordo con Fini" .
"Perché - spiega - anche se è vero che la lingua del Corano è l’arabo il sermone del venerdì deve essere fatto in italiano perchè deve diventare la lingua comune di tutti gli immigrati che intendono stabilirsi permanentemente in questo perse". La proposta di Fini "è del tutto condivisibile anche per la Comunità religiosa islamica (Coreis) purché non riguardi la preghiera che per i musulmani ha senso solo se recitata in lingua araba".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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