Il flop della città ecologica: ora le case vanno a pezzi

BerlinoL’idea era pure suggestiva. Dotare il paese di un sistema di riscaldamento ecologico, a buon mercato, in grado di rispettare quelle norme sull’ambiente cui i tedeschi tengono più di ogni altra cosa. Per il borgomastro una bella figura e un utile risparmio da mettere in bilancio. Se non che le cose sono andate diversamente e ora Michael Benitz, sindaco di Staufen, una piccolo paesino di ottomila anime ai bordi della Foresta nera nella regione del Baden-Württemberg, deve vedersela con i suoi concittadini inviperiti, con il loro avvocato e con le crepe che si insinuano per tutto il centro storico, palazzo municipale compreso.
L’idea era stata quella di creare una città a impatto zero, di utilizzare il riscaldamento geotermico, sfruttando la riserva di calorie accumulate dalla terra attraverso sensori interrati e reti di serpentine che si inseguono nel sottosuolo. In Germania il sistema viene adottato da molti privati e Benitz aveva avuto la geniale idea di utilizzarlo per l’edificio pubblico per eccellenza, il Rathaus, come un fantastico e futuristico esempio di virtù pubblica.
Chi si avventura oggi fra le guglie e le casette che sembrano fatte di marzapane di Staufen, si trova però di fronte a uno spettacolo desolante. Le crepe si stanno mangiando i palazzi e le abitazioni dalle belle facciate color pastello. Si insinuano lungo l’acciottolato di sanpietrini, aggrediscono muri e tetti, s’infilano persino dentro le stanze del sindaco e s’ingrossano giorno dopo giorno. Dal sottosuolo non giunge solo il calore sperato ma anche un sordido movimento sussultorio che minaccia di ridurre in briciole uno dei centri storici sotto tutela della Germania. «Una catastrofe», come ammette ora lo stesso improvvido borgomastro.
La colpa sembra proprio del complesso sistema di sensori piazzato sottoterra per dare corpo al progetto. L’acqua sarebbe filtrata nel terreno mescolandosi al materiale calcareo di cui è ricco il sottosuolo. Un complesso meccanismo di combinazioni chimiche avrebbe creato una sorta di matassa di gesso che, aumentando del 60 per cento il proprio volume, sta premendo verso la superficie, sgretolando tutto quello che incontra. Secondo accertamenti delle autorità competenti sono al momento 129 le case del nucleo storico interessate dal fenomeno, tutte facenti parte della zona sotto tutela artistica. La polemica è divampata furiosa. I cittadini si sono affidati a un avvocato e chiedono che il Comune risarcisca i costi delle riparazioni, nella speranza che il fenomeno possa rimanere circoscritto alle crepe. Si tratta di diversi milioni di euro. Il sindaco, per ora, non ne vuol sapere. Guarda sconsolato le crepe che si aprono nel suo ufficio, sale con accortezza le scale di pietra del Rathaus attento a non inciampare negli smottamenti, ma ribatte di voler attendere la fine delle ricerche affidate agli esperti dell’università di Stoccarda e le conclusioni del tribunale di Friburgo.
Il territorio era un tempo soggetto a smottamenti sismici ma nessuno ricorda più un terremoto, almeno a memoria d’uomo. La gara allo scaricabarile coinvolge anche l’azienda cui sono stati affidati i lavori. Si tratta di un’impresa austriaca: li avesse svolti un’azienda di qui, sostengono i cittadini, avrebbero tenuto conto delle particolari condizioni del terreno. Ma gli austriaci costavano meno.
Difficile comunque non lasciarsi tentare, in questo caso, dalla forza della suggestione e dal richiamo della leggenda.

Nel 1539, quasi 470 anni fa, proprio a Staufen il diavolo avrebbe chiesto al Dottor Faust di rendergli conto del patto stretto qualche tempo prima per accedere a conoscenze proibite. Oggi tocca al povero borgomastro Benitz rendere conto, ancora una volta, di aver voluto sfidare le leggi della natura. Questa volta vendendo l’anima alla moda dell’ecologia.

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