Lo scandalo Monte dei Paschi, oltre a mettere a dura prova sia la reputazione delle banche sia quella delle Fondazioni azioniste, dimostra evidenti limiti di trasparenza e di governance del sistema. Chiediamo al presidente di Fondazione Roma, Emmanuele Emanuele, che cosa pensa al riguardo. E quali sono i motivi che hanno portato Fondazione Roma a staccarsi dal mondo bancario, con una scelta controcorrente rispetto al sistema Acri.
«Il caso Mps - sottolinea Emanuele - mette in mostra una pluralità di concomitanti elementi negativi, che gettano una luce non favorevole sia sul sistema bancario sia su quello delle Fondazioni. A mio modo di vedere, tuttavia, questi elementi dovrebbero essere circoscritti, per la loro peculiarità, esclusivamente alla vicenda senese. Non tocca a me esprimere un giudizio sulla trasparenza o su altri aspetti. Sono certo che la magistratura farà piena chiarezza sulle responsabilità. Quello che mi preme ricordare è che ho sempre ritenuto pienamente rispondente allo spirito delle leggi Amato e Ciampi la diversificazione degli investimenti delle Fondazioni e, spesso in solitudine, l'esigenza di attivare non soltanto la rinuncia a posizioni di controllo o di maggioranza, ma anche la dismissione della partecipazione nella banca conferitaria, come ha fatto Fondazione Roma, che è progressivamente uscita prima da Capitalia, poi da Unicredit. Questo è il motivo principale delle scelte attuate dalla Fondazione, unitamente alla profonda conoscenza dell'economia mondiale, che già nel 2003 mostrava quei segni di crisi del sistema bancario che poi si sono manifestati palesemente in Europa e nel nostro Paese».
Le Fondazioni di origine bancaria assicurano, tuttavia, la stabilità del nostro sistema creditizio dal punto di vista azionario. Crede che questo ruolo debba essere svolto da altri investitori istituzionali?
«Non ricordo di avere mai letto norme di legge in cui le Fondazioni dovessero assicurare la stabilità del nostro sistema bancario. Sulla questione la mia posizione è notoriamente diversa da quella di molti altri. Le Fondazioni avrebbero forse meglio operato prendendo esempio da noi: fuori dai consigli di amministrazione delle banche, dentro la società civile. Il compito di assicurare la stabilità appartiene ad altre istituzioni finanziarie».
Il 2012 sarà probabilmente ricordato come uno degli anni più difficili per l'economia e le Borse: l'Eurozona è stata sul punto di implodere e la speculazione ha colpito con durezza i Paesi mediterranei più indebitati come l'Italia. In tale contesto come si è chiuso il bilancio di Fondazione Roma? Presidente, qual è stata la vostra strategia d'investimento?
«Ad onta della crisi che ha colpito l'Italia e i Paesi limitrofi, siamo stati in grado di gestire le nostre risorse in maniera molto più efficace di altri e anche nel 2012 abbiamo conseguito un risultato assolutamente positivo. In particolare, il rendimento della gestione finanziaria è stato dell'11,7 per cento. Negli anni abbiamo diversificato gli investimenti per aree geografiche, nel pieno rispetto delle indicazioni dei nostri advisor e dei nostri gestori. Una strategia vincente, avvalorata da un rapporto di Mediobanca Securities. L'analisi ha certificato che il valore di mercato di Fondazione Roma nel 2010 è superiore del 26 per cento rispetto a quello del 2002, un dato maggiore del 22 per cento se comparato all'insieme di tutte le Fondazioni. E se si guarda in profondità nei grafici che spesso prospettano i patrimoni delle Fondazioni, come è avvenuto di recente, senza distinguere tra chi, come noi, ha svalutato la partecipazione bancaria e chi non l'ha fatto, i risultati sarebbero ben differenti da quelli presentati. La nostra strategia rende disponibili rilevanti risorse, che vengono distribuite sul territorio».
Come saranno impiegate le risorse a favore della collettività? Quali sono i principali progetti per quest'anno?
«Oltre 43 milioni di euro sono stati erogati nel 2012 a beneficio della collettività di riferimento, nei cinque campi di intervento statutari - la Sanità, la Ricerca scientifica, l'Istruzione, l'Arte e cultura e l'Assistenza alle categorie sociali deboli - ai quali si è aggiunta recentemente l'attenzione all'area del Mediterraneo. Questo con buona pace di chi, calato ora in politica, per motivi noti, parla di esproprio. Contiamo anche per il 2013 di assicurare importi rilevanti al territorio di riferimento, corrispondente alle province di Roma, Frosinone e Latina. I progetti principali riguardano la salute e la ricerca scientifica con iniziative di grande valenza, per le quali lo Stato dà risposte non esaustive, come l'assistenza ai malati terminali e ai pazienti affetti da Sla e Alzheimer, portata avanti nel nostro hospice. La Fondazione sta lavorando per la realizzazione di una Residenza Sanitaria Assistenziale riservata prevalentemente alle persone affette da Alzheimer, sul modello di un progetto sperimentale avviato con successo in Olanda. Nel campo della ricerca scientifica stiamo avviando a Latina il Centro di alta diagnostica per immagini e bio-molecolare, struttura di eccellenza nello studio delle malattie neurodegenerative ed oncoematologiche».
La guerra al debito sovrano europeo ha imposto un maggior controllo sui conti pubblici e, quindi, ulteriori tagli alla spesa. Una realtà come Fondazione Roma come può sopperire alle esigenze del territorio dopo la spending review? In quali settori?
«Fondazione Roma si è posta da tempo come interlocutore attivo delle realtà del territorio in cui opera. In alcuni casi queste nostre disponibilità di intervento non hanno trovato la risposta rapida delle istituzioni, contraddicendo quello slogan, di cui oggi spesso si abusa, di sinergia tra pubblico e privato. L'articolo 118 della Costituzione, che parla di sussidiarietà orizzontale e spinge affinché il privato, soprattutto quello sociale, intervenga per rispondere ai bisogni della collettività, laddove lo Stato e gli enti locali non sono in grado di farlo, spesso non trova applicazione pratica. La norma non riesce a decollare per la resistenza sistemica del mondo pubblico. Occorrerebbe un cambiamento culturale, una nuova mentalità che riconoscesse il protagonismo della società civile e del privato non profit, in cui enti pubblici, soggetti privati e organismi senza fini di lucro potessero concorrere nell'offerta di servizi alla persona, con maggiore efficienza, competitività, attenzione ai costi, lasciando al cittadino piena libertà di scelta».
Fondazione Roma di che cosa avrebbe bisogno per rendere più efficace la propria azione? Presidente Emanuele, ritiene ci sia spazio per ridurre il peso del fisco?
«Per la serenità del nostro lavoro gioverebbe smettere di parlare ogni giorno di nuovi interventi normativi. La legge c'è, non ha bisogno di correttivi. Basta rispettarla. Un minore impatto fiscale sarebbe inoltre auspicabile, tenuto conto che le Fondazioni svolgono un'attività non profit, ma i loro investimenti, il cui ricavato dà risposte alla società del bisogno, vengono tassati come un'attività profit.
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