nostro inviato a Salerno
«Sono stato letteralmente processato, e condannato in contumacia, anziché in Comune nella sede dei Ds solo per aver detto no a vergognose operazioni di cementificazione che stravolgevano quanto stabilito da tutta la giunta di centrosinistra nel piano regolatore generale. Ho detto soprattutto no all'intreccio affaristico politico-imprenditoriale. Poi ho detto quel che dovevo dire al pm che mi aveva chiesto chiarimenti all'indomani delle dimissioni, e per questo sono stato oggetto di un linciaggio feroce teso a delegittimarmi: i fatti, oggi, danno però ragione al sottoscritto e non all'ex sindaco, oggi deputato ds, Vincenzo De Luca, che continua a essere il vero centro di potere di questa povera città. Basti pensare che quando è diventato onorevole ha messo il suo segretario a fare il sindaco... ».
Davanti a un caffè sul lungomare di Salerno l'architetto Fausto Martino, ex assessore comunale all'urbanistica, «gola profonda» della procura secondo il segretario-sindaco Mario De Biase (su cui pende una richiesta d'arresto) vuota il sacco col Giornale.
Signor Martino, ci aiuti a capire
«Non è facile, perché ancora ho difficoltà io a capire ciò che questi signori sono riusciti a combinare calpestando quelle regole che loro stessi si erano date. Avevo fiducia nella giunta quando accettai la richiesta dell'allora sindaco Ds, De Luca, di rilanciare una città stravolta da Tangentopoli. Si parlava tanto di etica, morale, trasparenza. Strada facendo mi sono dovuto ricredere».
La sua avventura politica inizia nel '93...
«Mi si era prospettata una grande occasione: definire il piano regolatore generale per stabilire regole certe, valide per tutti. Così ci siamo affidati a uno dei più grandi urbanisti mondiali, lo spagnolo Bohigas, che nell'aprile 2003 ci ha consegnato il piano. Bisognava solo approvarlo, la città lo attendeva da anni, ma quand'è stato il momento, misteriosamente, non se ne è fatto nulla accampando scuse, preferendo ricorrere alle "varianti" e alle nuove leggi regionali sul territorio, escamotage che hanno permesso edificazioni in aree non previste dal Prg originale. Il problema è sorto quando alcuni imprenditori si sono fatti promotori di ipotesi modificative del Prg, che invece per me era sacro, inviolabile, finalizzato sia a evitare trattative bilaterali con i privati che a favorire l'imprenditore amico. Questo modo di fare evidenziava rilievi di carattere penale, e così mi sono dimesso... ».
Quand'è esattamente che cominciano i guai?
«Nel momento in cui esprimo perplessità sulle costruzioni in una collina, il Masso della Signora, e sulla variante Mcm (manifatture cotoniere meridionali) per la quale i privati propongono il raddoppio degli indici edificatori previsti dal Prg, cosa al dunque avvenuta. Io protesto e mi ritrovo una chiusura totale dei miei compagni di strada. I Ds decretano la mia eliminazione ponendo una sorta di diktat che suonava pressappoco così: o Martino ci porta avanti tutte le varianti che sta osteggiando in questo momento oppure è fuori. Il ricatto era inaccettabile, così me ne sono andato con una lettera al sindaco nella quale dicevo che la mia eliminazione era stata decisa altrove, individuando il mandante nell'onorevole Vincenzo De Luca. Ho capito troppo tardi che l'attuazione del Prg avrebbe depotenziato il potere contrattuale dell'amministrazione nei confronti degli imprenditori. Dal loro punto di vista mantenere una situazione di ambiguità significava mantenere determinati interessi. Quel prg è morto prima ancora di vedere le luce. Da allora è iniziata la mia battaglia, e qui interviene la procura... ».
Con un po' di ritardo, però
«Al momento giusto, direi. Perché il pm e i carabinieri sequestrano montagne di carte di difficile interpretazione e dunque impiegano del tempo prima di andare a fondo alle varianti sospette oggetto solo oggi di risvolti penali imbarazzanti per i Ds. Io al magistrato ho detto quello che dovevo dire per amore di chiarezza e di verità.
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