Genesio di Arles

Al tempo degli imperatori colleghi Diocleziano e Massimiano il giovane Genesio era un catecumeno cristiano in Gallia, ad Arles. Lavorava come pubblico cancelliere, trascrivendo gli atti dei processi civili e penali negli archivi del tribunale. Ma verso il 303 venne reso noto l’editto che proscriveva il cristianesimo e proprio a Genesio sarebbe toccato registrarlo. Quando lo seppe, in uno scatto d’ira il giovane gettò per terra i registri e scappò. Si recò subito dal vescovo di Arles a chiedere il battesimo. Ma il prelato si rifiutò di impartirglielo per due motivi: uno, Genesio non aveva completato la sua preparazione; due, a quel punto sarebbe stato troppo pericoloso. Ma, ormai, la frittata era fatta e, che Genesio fosse cristiano, in città lo sapevano tutti. Per giunta, il suo atto di insubordinazione lo aveva fatto mettere in cima alla lista dei ricercati. Genesio finì braccato e inseguito di città in città. Alla fine lo raggiunsero e acciuffarono sulle rive del Rodano, dove fu decapitato. Così, il martirio fu per lui quel «battesimo di sangue» che la Chiesa equipara a quello rituale nell’acqua. Il santo divenne famoso e il suo culto si diffuse in tutto l’Impero. Venerato subito come patrono di Arles, le sue reliquie vennero portate a Roma e poste in una chiesa a lui dedicata.

Molti lo confondono con Genesio il Mimo, martire romano nella stessa persecuzione. Quest’ultimo stava parodiando in teatro il rito cristiano del battesimo ma, pronunciata la formula, si ritrovò cristiano davvero e, fattosi serio, si proclamò pubblicamente tale. Naturalmente finì martirizzato.

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