«Occidente solitario», nulla è più comico dell'infelicità

«Occidente solitario», nulla è più comico dell'infelicità

Si svolge tutto in piccolo paese dell'Irlanda: due fratelli che continuano a litigare con un padre appena morto per un colpo di fucile. Coleman pensa solo a mangiare e partecipa ai funerali del paese per riuscire a fare incetta gratuitamente di salsicce e birra. Valene s'interessa alla sua collezione di statuie religiose e beve il whisky che gli procura una giovane ragazzina. Eccoli Claudio Santamaria (Coleman) e Filippo Nigro (Valene) protagonisti sul palco del Modena martedì e mercoleì alle 21, della commedia nera «Occidente solitario» di Martin McDonagh, messa in scena con la Compagnia Gli Ipocriti dal regista Juan Diego Puerta Lopez.
Quindi la storia dei due fratelli: l'unico che cerca di risolvere il rapporto conflittuale è il parroco del paese, Padre Welsh, ( Massimo De Santis), ma i suoi consigli restano inascoltati. Depresso e frustrato nel suo tentativo di redimere il cinico paesello, il prete si suicida, lasciando una lettera che porterà i due fratelli a un tentativo di riconciliazione.
«Scelgo testi contemporanei da rappresentare perché non descrivono una realtà territoriale, ma una indefinita società, una condizione umana di solitudine e indifferenza, uno stato d'infelicità quasi compulsivo che richiama all'oggi, alla concretezza spietata della vita» spiega il regista Juan Diego Puerta Lopez.

«In questa commedia stravagante, cinica e ricca di humour noir, la crudeltà si sottrae alla morale e si manifesta come gioco, ritmo, energia e se i personaggi aprono bocca è per insultare, rivendicare o compiangersi. La giusta chiave di lettura l'ha indicata Samuel Beckett quando ha affermato che non c'è niente di più comico dell'infelicità».

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