di Ferruccio Repetti
Giusto e doveroso dirlo subito: il convegno di ieri mattina al Ducale, «Felici di crescere», fortissimamente voluto da Claudio Burlando, è stato un successo pieno, ma che dico?, straordinario! Per Burlando. O meglio: per la ditta «Burlando Claudio pro Matteo Renzi, società a responsabilità illimitata». Per Genova, invece, per la Liguria e, soprattutto, per la ripresa e lo sviluppo del Paese è stata l'ennesima occasione mancata. Spieghiamo, andando in ordine: innanzi tutto, l'evento (annunciato, anche se «non pervenuto») è stato un successo di pubblico. All'esordio delle 10 del mattino. Sala semivuota, in compenso, al momento di tirare le conclusioni, quando l'orologio si era avvicinato inesorabilmente alle 14 e il calo degli zuccheri, in una platea di «-anta», aveva già disperso molte delle truppe cammellate. Ancora: l'incontro, coordinato dal fido Claudio Montaldo, è stato un successo per partecipazione di relatori. Ne abbiamo contati una ventina, prima di cedere allo sconforto. Anche perché la maggior parte degli invitati al microfono - dall'imprenditore Paolo Vitelli ad Antonio Benvenuti, console della Culmv, da Gianni Onorato, Costa Crociere, al Magnifico Rettore Giacomo Deferrari, da Giuseppe Bono, al timone di Fincantieri, ai sindacalisti Sergio Migliorini (Cisl), Pierangelo Massa (Uil) e Federico Vesigna (Cgil), fino al cardinale Angelo Bagnasco - in mancanza dell'interlocutore-governo, il vero convitato di pietra, si è limitato a declamare il profilo aziendale o l'ambito operativo di competenza, anziché proporre ricette per quella famosa «crescita felice» vaticinata da Burlando.
Il quale, comunque, proprio per questo deve ritenersi soddisfatto, lui che, per caratterizzarsi come protagonista, con assoluto tempismo ha approfittato della cerimonia di battesimo di Msc Preziosa per radunare un parterre de rois che altrimenti sarebbe stato impossibile convocare. E pazienza, se qualcuno - come il comandante del Gruppo Msc, Gianluigi Aponte - è uscito dalle pastoie della melassa e ha detto il contrario di quello che dicono i compagni di Burlando nel Pd: «La Bce non fa gli interessi di tutti. Bisogna fare una riflessione se ci convenga o meno rimanere nell'euro». Se questo era il consiglio da spedire all'esecutivo prossimo venturo, guidato da Bersani, è arrivato certamente a segno, come è arrivato a segno l'invito di Roberto Cingolani, alla guida dell'Istituto italiano di tecnologia, quando ha spiegato che «il futuro è anche nella fissione nucleare, e non si capisce come un processo assolutamente naturale, che avviene nel Sole e nelle stelle, secondo certi ambientalisti non debba essere studiato per la produzione di energia sulla Terra». Vallo a spiegare a Vendola e al vendoliano sindaco di Genova, Marco Doria, che ieri era seduto in prima fila, ma ha più dimestichezza con «società multietnica» e «democrazia di genere» piuttosto che con atomi e molecole. Burlando, invece, lui sì che ha dimestichezza con queste cose, anche per via dei trascorsi di ingegnere. E si è ben visto ieri come sia capace di fare calcoli e assemblare le cose in modo da trarne il massimo vantaggio. Anche per questo ha fatto bene a organizzare per sé il convegno che doveva sollecitare il governo nel momento in cui il governo non c'è (be', mica possiamo considerare un governo quello che si giace moribondo a Palazzo Chigi).
Il governo cui guarda Burlando è quello guidato da Renzi: il sindaco di Firenze s'è ben guardato dal partecipare, ma il suo fantasma aleggiava ovunque, nella Sala del Maggior Consiglio. E il governatore della Liguria ha giocato le sue carte per salire sul carro del (futuro) vincitore, scaricando il non vincitore Bersani di cui pure fino a poche settimane fa era convinto sostenitore. Ma lui, Burlando, è fatto così, acuto pensatore, abile tessitore, sa cogliere il momento giusto per cambiare il padrino che non è mai stato il suo padrone: da Prodi a D'Alema, da D'Alema a Bersani, da Bersani a Renzi. Cercando pure di conquistare adepti: «Vorrei che anche tu passassi con noi» ha ripetuto, significativamente, ieri Burlando rivolgendosi a molti dei presenti. E per tutti i big ha avuto parole di approvazione, intesa, solidarietà, nominandoli ad uno ad uno. Come se fosse già in campagna acquisti, pardon: scouting. «E le proposte su infrastrutture, rilancio, rimessa in moto del motore dell'economia?» si domandava anche l'armatore Ignazio Messina. Sarà per un'altra volta. Ieri, in fondo, era solo il primo passo.
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