Quei politici che si affidano ai tweet per orientare le proprie decisioni

(...), attribuendo ad essi una sostanziale funzione di mezzo per l'instaurazione della cosiddetta democrazia liquida. Secondo Wikipedia la democrazia liquida è un tipo di democrazia nella quale i cittadini possono decidere in che forma esercitare il proprio potere politico, sostanzialmente utilizzando il sistema della democrazia diretta (partecipo direttamente alla decisione) o di quella delegata (delego un terzo a rappresentarmi). La diffusione di internet ha convinto molti soggetti che sia possibile applicare alla politica tale sistema, normalmente limitato a realtà numericamente ristrette (ad esempio le assemblee condominiali).
E qui incontriamo già un primo problema: secondo le statistiche, gli utenti di Twitter e di Facebook (i due principali social network) in Italia sono poco più di 25 milioni (21,5 per FB e 3,5 per Twitter, secondo un'indagine Vincos.it su dati Audiweb/Nielsen), contro una popolazione di 60 milioni: la democrazia diretta prevederebbe che tutti gli interessati partecipino o possano partecipare alla decisione e questo, ad oggi, evidentemente non accade.
Inoltre un secondo problema nasce dall'alto numero dei soggetti partecipanti e dalla loro preparazione: in pratica a causa dell'indeterminatezza temporale della formazione della decisione si rischia la cosiddetta «dittatura degli attivi» o «dittatura degli estroversi». Chi ha più tempo o più interessi o più aggressività domina le conversazioni e le decisioni, normalmente a scapito della maggioranza silenziosa. Per ovviare a tale problema si raccomanda l'uso della delega, che però presuppone una perfetta trasparenza nella manifestazione di voto da parte del delegato.
Il sistema politico costituzionale, invece, è quello della democrazia rappresentativa: eleggiamo dei soggetti in base ad un mandato abbastanza generico (il programma elettorale) e per un tempo definito (cinque anni) in cui essi decideranno per noi cosa sia meglio per il Paese.
Questi giorni ci hanno mostrato il cortocircuito di cui in premessa: i nostri rappresentanti, visto che sono stati eletti con mandato pieno, dovrebbero prendere decisioni autonome ed invece, pensando di essere in democrazia liquida, si affidano ai tweet o post ricevuti per orientare le decisioni, facendosene portavoce. Ma solo una ristretta minoranza (gli «attivi» o «estroversi») usano questi mezzi e senza rappresentare in delega la maggioranza. Il risultato? Un gran casino! Ognuno va per la sua strada e le posizioni sono disomogenee anche all'interno del medesimo partito (anche perché le cerchie internet sono diverse da parlamentare a parlamentare e danno dunque risultati diversi, mentre nella vera democrazia liquida il risultato, partecipando sempre tutti gli interessati, sarebbe unico!).
È chiaro che la responsabilità personale dell'eletto nella democrazia rappresentativa è assai più pesante di quella di un portavoce in democrazia liquida, ma, accidenti, è anche per questo che vengono pagati!
Non voglio dire che gli elettori debbano essere dimenticati dopo le elezioni, perché è importante ascoltarli, ma ascoltare tutti e non solo quelli che gridano più forte. Altrimenti continuiamo così, facendoci del male e facendone al Paese.


In definitiva in questo indegno bailamme la scelta migliore era votare il mitico Conte Raffaello Mascetti: le supercazzole le abbiamo comunque, ma ci saremmo divertiti enormemente di più, forse ottenendo una migliore immagine internazionale!
*Tesoriere regionale del Pd

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