Quel rivoluzionario fascio-comunista

Quel rivoluzionario fascio-comunista

L'immagine è quella di un uomo fiero, fronte alta, petto in fuori, che guarda in faccia il plotone d'esecuzione dei partigiani - a Dongo, il 28 aprile 1945 -, con lo stesso sguardo, la stessa indomita baldanza di quando, solo poche settimane prima, aveva «arringato» i fascisti convenuti al cinema Grattacielo e a De Ferrari, nel centro di Genova ferito a morte dai bombardamenti di una Seconda Guerra Mondiale ormai all'epilogo. Si mostrava così, com'era sempre stato, Nicola Bombacci, «rivoluzionario fascio-comunista», fedele fino all'ultimo alla natura di ossimoro vivente, di strenuo promotore, e insieme espressione, degli opposti che si attraggono fino a fondersi e soprattutto a confondersi, in uno stato di equilibrio perennemente instabile.
Di lui si può tornare a parlare, oggi, con più razionale distacco che in passato, anche grazie agli spunti di riflessione, innumerevoli, offerti dal libro di Claudio Cabona, giornalista e giovane studioso di politica e di scienza della politica. Un testo agile, quello di Cabona, eppure esaustivo della figura complessa di Bombacci.
Il quale, lo dimostrano proprio queste pagine, non si può esaurire con una serie di critiche superficiali (ma Dio solo sa quante critiche gli si potrebbero giustamente e storicamente rivolgere!). Meglio, molto meglio cercare di approfondire il percorso ideologico di un personaggio particolarmente scomodo - e questo bene ha fatto, pure in estrema sintesi, l'autore -, ma specialmente allargare l'attenzione allo scenario di quegli anni in cui si agitava il socialista e poi comunista convinto, il rivoluzionario altrettanto convinto, il seguace-sodale, tanto per dire, di Anna Kuliscioff, e di Antonio Gramsci e Amadeo Bordiga (prima di essere da loro respinto per «aver fatto riferimento a una possibile unione delle due rivoluzioni, quella bolscevica e quella fascista»).
Su questo terreno non facile, ma onesto e rigoroso, si muove Cabona, come in un reportage dove, da cronista puro, i fatti sono separati dalle opinioni (che pure ci sono): fra storia e ideologia, fra cronaca e umano sentimento, fra mito e cruda realtà. In un centinaio di pagine «che - come sottolinea il professor Stefano Monti Bragadin nell'ampia prefazione - si addentrano nei meandri di un pensiero e di una condotta manifestamente sfaccettati e contorti, ripercorrendone i momenti e le occasioni salienti, cercando senza preconcetti di coglierne le motivazioni di fondo, e darsene una spiegazione, guardando con molta serietà se è mai possibile individuare un significativo filo conduttore».
Trovarlo, si lascia giudiziosamente al lettore. Che di contraddizioni in politica, di tentativi indecenti di conciliare l'inconciliabile - e non per convinzione ideologica, ma per mero opportunismo - ha esempi contemporanei in abbondanza.


Lontani anni luce, peraltro, da quel fascio-comunista, da quel comunista in camicia nera che, a questo punto, si finirebbe persino per rivalutare.
Claudio Cabona, «Nicola Bombacci - Storia e Ideologia di un rivoluzionario fascio-comunista», Liberodiscrivere Edizioni, 94 pagine, 12 euro.

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