Lo confesso. Persino io, che vado in brodo di giuggiole di fronte alle vetrine dei negozi di modernariato; che penso di aver speso i migliori dieci euro della mia vita acquistando il Dizionario delle cose perdute di Francesco Guccini e il suo viaggio attraverso gli oggetti che hanno accompagnato la nostra giovinezza; e che penso che il vintage non sia una moda, ma il modo per riscoprire le nostre radici e identità, non mi aspettavo un risultato simile.
E invece. Invece, il nostro invito a raccontarci le «vostre» cose perdute, sta avendo un successo che ogni oltre più rosea (mia) aspettativa. Una passione, un calore, una dolcezza che ci hanno fatto re-incontrare anche carissimi amici e lettori di cui, magari, avevamo perso le tracce. Invece, la disillusione nei sogni della politica, che c'è stata ed è stata forte, lascia comunque spazio ad altre speranze e passioni. Meno pubbliche, meno sociali, meno inserite «nel mondo» e molto più private, personali, totalmente «nel proprio mondo», che è quello di ciascuno di noi.
Non è detto che sia un male, anzi. Il passaggio dal sociale al personale, dal pubblico al privato, dal gruppo all'individuo, racchiude infatti anche il passaggio da quelle che sono state le speranze per tanti di noi ad altre speranze. Quando l'alternativa avrebbe potuto essere la disperazione e lo sconforto. Invece no, invece altre speranze.
Insomma, sta di fatto che ai nostri indirizzi stanno arrivando decine e decine di segnalazioni, di cui daremo conto giorno per giorno, sperando di riuscire a tenere il ritmo. E, come avete potuto leggere nei (...)
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