«Il sindaco deve solo lavorare: lascio ad altri nastri e talk show»

«Il sindaco deve solo lavorare: lascio ad altri nastri e talk show»

(...) Su cosa punta allora per vincere? I punti che metterà in programma? Elementi concreti, chiari, comprensibili a tutti, cosa indicherebbe anche come un segno di discontinuità verso le amministrazioni precedenti?
«I messaggi che voglio dare sui primi manifesti sono tre: lavoro, accoglienza, sicurezza. Il primo è fondamentale perché altrimenti la città muore, bisogna potenziare il porto e creare possibilità per lo sviluppo, puntare sulle infrastrutture. Sennò io me la caverò, ma i miei figli no. Occorre mantenere le aziende che abbiamo ed evitare che ne chiudano altre e fare di tutto per portarne di nuove. Il secondo punto l’accoglienza: voglio parlare di immigrati, perché rappresentano una risorsa che deve essere accolta e inclusa, non sono da respingere cannoneggiando le barche. Bisogna chiedergli di condividere il nostro stile di vita».
Concetto da centrosinistra?
«No, il problema è la risposta che si dà. E non deve essere demagogica. Sennò ci perdiamo dal tappo e dalla spina. Perché gli immigrati che ci sono mandano i soldi che guadagnano a casa e poi tornano nei loro paesi. Dobbiamo inserirli nel nostro tessuto sociali, farli restare».
E sulla sicurezza, cosa pensate di fare?
«Ci sono cose buone che sono state inserite nel programma del Pdl nel 2007, altre che ha fatto la giunta Vincenzi insieme all’assessore alla sicurezza Scidone, altre ce ne sono anche nel programma di Musso».
Però questa amministrazione è quella che ha dato spazi ai centri sociali.
«Ecco, questo assolutamente no. Non si può accettare che vengano a occupare strutture pubbliche. E che poi si legalizzi anche questa situazione. Che poi se almeno le mantenessero bene queste strutture... Invece le distruggono».
E questo a danno di tutte le altre associazioni di volontariato o no profit che non hanno un posto dove andare o non hanno soldi per pagare un affitto.
«La sussidiarietà vera è quando una struttura pubblica consente l’autodeterminazione del privato e nel momento in cui questo non ce la fa, le viene incontro. Poi bisogna fare i conti con i soldi a disposizione».
Che non ci sono.
«Come Anci in questi giorni chiederemo al governo Monti una modifica al patto di stabilità. Il denaro speso per l’edilizia scolastica e i rischi idrogeologici non dovrà essere compreso nel patto. Lo chiederemo con forza, altrimenti siamo pronti alla disobbedienza civile. Io sono pronto a sforare il patto. Mi possono multare? Vedremo. Se tutti i Comuni, iniziando dalle grandi città, lo facessero davvero poi sarebbe da capire come va a finire».
Scontro tra enti?
«Tutti se la prendono coi sindaci, la gente si rivolge a loro, che non hanno risorse. E devono però seguire le pratiche amministrative, studiarle a fondo. Io, passerei tutto il giorno seduto alla scrivania, limitando le inaugurazioni, i talk show... E alzerei la voce quando serve».
Con chi?
«Prendiamo adesso la soppressione delle Province. Cosa pensano di fare le Regioni? Di diventare soggetto gestore solo di quel che interessa loro, cioè dove c’è la ciccia. E scaricare le rogne ai sindaci. Ecco, lì ci andrei col bazooka».
Ma i soldi chi ce li mette?
«Andiamo a vedere i progetti europei. Ora che Monti dice di farsi rispettare a Bruxelles, vada a chiedere di mettere mano a questi fondi. Altro che vincolarli per la formazione, l’orientamento, e discorsi simili. Ho visto tanti di quei buffet, convegni, incontri che mangiano soldi. Le risorse mettiamole per cose concrete. Altrimenti mi aspetto che ci sia una rivolta dei cittadini, e sono pronto a guidarla».
Cose come la moschea non sono una priorità?
«Se è solo un luogo di culto va fatta. E mi torna alla mente la carta del Pdl che avevamo scritto nel 2008. Quel documento era stato un vero miracolo, scritto insieme da Musso, Biondi, Plinio, Ottonello, Siri e me. Tutti diversi, eppure avevamo trovato una sintesi incredibile.
Ma il Lagaccio non la vuole. Qualsiasi quartiere farebbe resistenza?
«Il problema è proprio che finora il Comune l’ha trattata come una pratica urbanistica. Non ho idea di dove farla, ma come luogo di culto va fatta. Lo dice anche quella carta del 2008, a firma anche di gente come Plinio. Studieremo la soluzione».
Altra rogna. La gronda.
«La Gronda non si può non fare. È un treno che non va perso ed è propedeutico allo sviluppo di Genova. Ci sono però dei criteri da rispettare. La qualità della vita delle persone, il rispetto dell’ambiente che il “Padrone del giardino” ci ha messo a disposizione, non possono essere alternative alla realizzazione di un’opera utile. Tutto va valutato nel suo complesso. Vediamo se è un progetto modificabile».
Anche il trasporto pubblico è da modificare?
«Amt va completamente ripensata. Il trasporto pubblico in città va ridisegnato perché così non è adeguato alla richiesta della cittadinanza ed il primo passo utile, anche in vista della nascita delle città metropolitane, sarà la fusione tra le varie aziende di trasporto per creare un trasporto integrato competitivo».
Tra i temi da affrontare c’è quello dei rifiuti. La giunta Vincenzi ha scelto, dopo anni di parole e proclami non andati a buon fine, il gassificatore. E lei?
«Io dico no al gassificatore che è stato dimostrato essere inutile e sì al termovalorizzatore modello Vienna, dell’ultima generazione. Capisco che il percorso fatto fino ad oggi dalla Vincenzi non vale più, e le scelte e i progetti vanno fatti in fretta perché Scarpino non può farcela ancora a lungo. Sarà una priorità, su questo non c’è dubbio. La differenziata va portata avanti, ma gestita meglio, sennò non serve».
Progetti che dividono: waterfront, stadio nuovo...?
«Frega niente. Penso alle priorità. Urban lab e queste cose non lo sono. La città dei diritti? Bella cosa, ma iniziamo dalla città dei doveri».
Il programma è in via di definizione. Ma lei si sente «conosciuto» abbastanza dalla città?
«Poco. Sarà la sfida più difficile ed è per questo che penso di andare poco ai dibattiti televisivi, ma di muovermi continuamente su un camper che sarà il mio ufficio mobile. Sarò ad incontrare le categorie, tra le persone a sentire del tombino tappato, tra le signore mentre fanno la spesa».
Scajola ha detto che la sua candidatura per Genova rappresenta un esperimento a livello nazionale, con l’appoggio di liste civiche esterne al Pdl. E che Genova sarà una città laboratorio.
«Questa è la ragione per cui ho deciso di candidarmi. Andare oltre con un’evoluzione condivisa. Genova deve essere il luogo dove si fa un’esperienza nuova, deve essere fruttuosa e diventare un modello da esportare».
Il ritorno nel centrodestra di Pasquale Ottonello le ha già creato qualche mal di pancia interno.
«Il Pdl deve capire che sono un candidato indipendente e parto dal presupposto che si voglia costruire qualcosa di nuovo. Un progetto che comprende il centrodestra, ma va a toccare la sinistra moderata. Ottonello resta una persona competente che nella giunta Vincenzi è andato a ricoprire un incarico delicato e ha lavorato dignitosamente. Ottonello si è detto disponibile a ritirarsi per non danneggiarmi. Questo per dire che esistono quanto sia una persona seria. E poi lui è rimasto coerente con le proprie scelte, se mai è il Pdl che, a suo tempo, lo ha emarginato».
Si sono fatti altri nomi di sinistra che potrebbero appoggiarla.
«Consentitemi di non anticipare nulla, anche perché c’è in ballo un nome talmente clamoroso che ora non si può dire».
Intanto è uscito quello di Alfonso Pittaluga, ad esempio.
«È una persona che stimo, ha un passato che mi fa pensare come sia difficile possa appoggiare Doria... Ma è stato l’ultimo segretario dei Ds genovesi. Se si schierasse con me, questo particolare lo metterei grosso così sui manifesti».
Marco Doria riporterà a votare chi bazzica nei centri sociali, Enrico Musso si rivolge anche a un elettorato femminile. Lei chi pensa che sia il suo elettore?
«Se ci sono ancora persone normali in questa città, quelli sono i miei elettori. Quelli che vanno in Chiesa? Ahimé, purtroppo sono talmente pochi...».
Ma il cardinale Bagnasco la sosterrà? Darà “ordini” alle parrocchie?
«Bisogna vedere se gli obbediranno. So che l’informativa è in itinere. Le associazioni che mi conoscono mi hanno promesso appoggio, ma...

maniman, quando chiedo che qualcuno si esponga in prima persona, qualcuno si tira indietro. L’elettorato cattolico dice di non volersi schierare, poi se proprio deve farlo, di solito lo fa a sinistra. Comunque piantiamola di tirare sempre in ballo quel povero diavolo del Cardinale».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica