Prima twitta sulle «beline demagogiche» che avrebbero partecipato alla Festa del Pdl a Chiavari, poi spara a zero, ma senza chiamarli per nome, su Gianni Arena, Raffaella Della Bianca e su quel Franco Marenco che, fra l'altro, l'ha sostenuto fra i primi e a spada tratta per la candidatura a sindaco di Genova. Insomma, pare che Pierluigi Vinai - sposato, quattro figli, due lauree, in Storia e Pedagogia, master alla Scuola Superiore Amministrazione dell'Interno, vicepresidente della Fondazione Carige e segretario generale di Anci Liguria, e tuttora autorevole esponente del Pdl - abbia perso definitivamente l'aplomb oxfordiano e sia passato alle «maniere forti». Twittianamente parlando, s'intende.
Com'è questo cambiamento, Vinai? Sarà che lei, adesso, sente aria di elezioni alle Camere?
«Prima di tutto precisiamo su Marenco. Non ho fatto nessuna allusione a lui, quando ho parlato di un tale pluricandidato, sempre pesantemente trombato, che mi spiega cosa devo fare politicamente. Intendevo un altro, che si sarà certamente riconosciuto, sempre che sappia leggere».
A proposito di scambi di cortesie all'interno del partito...
«In ogni caso, quello è un identikit che non assomiglia nemmeno un po' a Marenco, che anzi è stato consigliere comunale, deputato in due legislature e, per quanto mi riguarda, un convinto sostenitore della mia candidatura a sindaco».
Sorvoliamo sul vero obiettivo. Ma allora, a una poltrona a Palazzo Madama o Montecitorio, ci pensa?
«Se ragionassi in questo modo, allora sì che tradirei le mie convinzioni e i miei valori, per i quali mi sono sempre battuto e continuo a battermi».
Ma l'ambizione non è per forza un difetto.
«Non è questione di ambizione. Mi pare di aver già dimostrato di credere nello spirito di servizio. Mi sono messo e mi metto sempre a disposizione, proprio per spirito di servizio. E questo, scusate, pretendo che mi sia riconosciuto, è un mio diritto. L'ho dimostrato nella competizione elettorale per palazzo Tursi: ho speso tempo e soldi, in pochi giorni ho partecipato a oltre 500 incontri ed eventi. Un impegno particolarmente intenso, e un sacrificio fatto pesare anche sulla mia famiglia».
Il passato è passato. Parliamo del futuro.
«Non cambia niente. Sono sempre a disposizione per spirito di servizio, come ultimo della fila. Se qualcuno ritiene che io abbia le competenze adatte, eccomi pronto. Ma il discorso vale, o vorrei che valesse, per tutti, nello schieramento dei moderati, o, se vogliamo chiamarli diversamente, degli operatori per il bene comune, degli uomini di buona volontà, dei liberi e forti di cui la Liguria ed anche il Paese hanno bisogno».
Ce ne sono abbastanza, in giro? A giudicare dai fatti, non sembra.
«Ce ne sono, e magari sono proprio quelli che volano più in basso, che lavorano, ma non si mettono in mostra. Tutto il contrario degli ambiziosetti e delle ambiziosette che fanno spettacolo e puntano alla poltrona».
Ci risiamo con le frecce avvelenate. Ma è possibile che nel Pdl ligure litighiate in continuazione?
«Sono troppi quelli che guardano solo alla poltrona e non si rendono conto del distacco dalla gente. Io, ad esempio, in questi giorni, avendo un ruolo preciso, non sarei rimasto alla Festa del Pdl mentre il Consiglio dei ministri decideva la chiusura dei tribunali di Chiavari e Sanremo. Avrei fatto magari un sit in sotto le finestre di Palazzo Chigi».
Impossibile cambiare le cose?
«Niente affatto ma ci vuole tanto buon senso e tanta buona volontà. Sedersi intorno a un tavolo, lavorare e decidere. Solo così se ne viene fuori, da questo disorientamento generale. Altrimenti se organizzano le Feste del partito come quella di Chiavari, dove c'è anche chi approfitta per fare le primarie personali per la prossima presidenza della Regione.... Piccinerie, particolarismi da censurare».
Tutti da buttare?
«No, davvero. Non generalizziamo, i bravi ci sono. Ne cito uno per tutti: Franco Orsi, parlamentare e sindaco. È riuscito a fare bene in entrambi gli incarichi. Altri hanno fatto male, o addirittura niente».
Invece Vinai propone?
«Un progetto politico concreto che si basa sulle priorità per rispondere ai bisogni della gente. Tanto per dire: lavoro, assetto del territorio, ambiente, sviluppo sociale. Su questo possiamo ritrovare l'unità. Dalle divisioni scaturiscono solo sciocchezze».
Ci vorrebbe un leader.
«Ma ce l'avevamo e ce l'abbiamo ancora. Claudio Scajola ha pregi e difetti come tanti, ha avuto problemi che ne hanno limitato l'azione, ma gli va riconosciuto che è di un'altra categoria. Finché ha esercitato le funzioni del suo rango (un rango che si è conquistato), lui s'è dimostrato indispensabile alla Liguria e al Paese, ha difeso la nostra industria e la nostra economia. E poi, non dobbiamo mai scordarci che è l'unico ministro nella storia repubblicana che si è dimesso. Oggettivamente, Scajola è di un'altra classe».
Può bastare?
«Certo che ci vuole altro. Dovremmo rifarci allo spirito e alla lettera della Carta dei valori del Pdl, che considero un po' la mia creatura e in cui mi sono sempre riconosciuto. Se ripartiamo da lì e dalle persone competenti e disposte a lavorare non per sé, ma per il bene comune, ce la possiamo fare. Nel partito, in Italia e in Europa».
«Vaste programme», avrebbe detto De Gaulle...C'è altro?
«Sì, c'è altro. Mi permetta di ringraziare pubblicamente il Giornale di Genova e della Liguria per il ruolo che svolge.
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