Alla fine è vero che la natura ci dà tutto. Perfino il calore a emissioni zero. Basta scavare, sotto la crosta terrestre e pescarla da lì lenergia. Più alta è la temperatura del sottosuolo, più alto è il potenziale energetico. «Le zone più ricche in questo senso sono quelle dette ad alto gradiente e si trovano in prossimità dei vulcani attivi o recenti» ci spiega Franco Barberi, professore di Vulcanologia e Geotermica alluniversità di Roma, oggi in pensione e consulente della società ITW&LKW.
LItalia ha un potenziale incredibile se si considerano la Sicilia, le isole Eolie, Pantelleria, la Campania o la zona dei vulcani recenti sul lago di Bracciano, in Lazio ai confini con la Toscana. Pensate: lItalia è stato il primo Paese al mondo a produrre energia elettrica con la geotermia. Ai primi del Novecento grazie a Francesco De Larderel si cominciò in Toscana, nel paese che venne denomiato Larderello a estrarre calore dal sottosuolo. E a tuttoggi gli unici due impianti italiani in funzione sono quello di Larderello e quello di Monte Amiata. Quanta energia producono? «Hanno entrambe un enorme potenziale - illustra Barberi - in un anno lenergia ricavata da questi due impianti è equivalente a 1milione e 300mila tonnellate di petrolio bruciate. La potenza elettrica sprigionata nel 2010 è stata di 883 megawatt».
Si tratta di impianti a basso impatto, meno ingombranti delle pale eoliche e meno vistosi dei pannelli solari, assomigliano a pozzi protetti da una piccola costruzione da dove poi si diramano i cavi che distribuiranno energia. Funzionano giorno e notte ininterrottamente. Sono indipendenti dalle variabili meteorologiche e stagionali, intensità del sole, forza del vento o della portata dacqua. I due impianti toscani lavorano per 8mila ore lanno.
Come mai in Italia ci sono solo due impianti? Non certo per linerzia di operatori e ricercatori: «Sono state presentate richieste da parte di quasi tutte le regioni- conferma Barberi - ma i permessi restano fermi al palo. Chi deve dare le autorizzazioni? Lo Stato e le Regioni».
Ma i tempi per le sperimentazioni sembrano ancora infiniti.
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