Per una giustizia giusta: l’odissea di chi alla fine è riconosciuto innocente

Una giustizia giusta. Parrebbe un assurdo concettuale. Un ossimoro. Perché la giustizia dovrebbe essere giusta di per sé. Ma i tanti casi di malagiustizia che accadono nel nostro Paese, non possono non far riflettere e indignare.
L’ultimo caso pieno di incredibili contraddizioni è la sentenza, dello scorso 21 febbraio, nella vicenda giudiziaria di Giovanni Mercadante - assolto perché il fatto non sussiste, dopo 5 anni di odissea - che ha concesso un’intervista esclusiva a Dossier. Un’odissea iniziata quando il medico e consigliere regionale di Forza Italia venne raggiunto dall’accusa di associazione mafiosa in seguito alle dichiarazioni di alcuni pentiti. La recente sentenza di appello ha sgretolato il castello di accuse, assolvendo Mercadante in quanto «il fatto non sussiste».
Nel frattempo, però, sono trascorsi oltre cinque anni tra carcere e arresti domiciliari che ripropongono con forza il dibattito sul ruolo dei collaboratori di giustizia.
«Appena ricevuta la notizia dell’assoluzione - racconta Mercadante su Dossier - ho subito pensato che era arrivata l’ora del riscatto. L’onta dell’accusa di mafia è stata pesante, per me e per i miei familiari. Tante volte ho pensato che sarebbe stato meglio morire piuttosto che subire tale onta». Cinque anni lunghissimi, in cui il medico chirurgo si è trovato costretto a fare un bilancio della sua vita. «Ho pensato che tutto fosse finito - spiega -; ora, invece, è come se mi stessi rialzando e cominciassi nuovamente a camminare. Oggi riesco a vedere meglio cosa non ho apprezzato a sufficienza nei miei primi quarant’anni di vita e quali obiettivi devo raggiungere da qui in avanti».
Dossier, anche in questo numero, approfondisce i temi della legalità e della giustizia - o malagiustizia - particolarmente cari al direttore Raffaele Costa (nella foto). Tra gli interventi, sulle pagine del periodico, ci saranno anche quelli di Angelino Alfano, ministro della Giustizia, sul tema della lotta alle mafie, e di Maria Elisabetta Alberti Casellati, sottosegretario alla Giustizia, su quello delle carceri. «La crisi politica del nostro Paese è grave - sostiene Costa - tant’è che azioni importanti contro mafia e malavita passano in secondo piano.

Associazioni a delinquere che, per anni, avevano lavorato impunemente, oggi vengono colpite duramente. È il segno di una nuova volontà politica che vuole debellare per sempre tali fenomeni così distruttivi per la società civile».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica