Hong Kong e la sfida di monsignor Zen

Monsignor Joseph Zen Ke-kiu, vescovo cattolico di Hong Kong, parla con accento piemontese un italiano così perfetto che quando ci incontra, a colloquio con lui, si sente ogni tanto il bisogno di guardarlo bene in faccia come per controllare che sia davvero un figlio della Cina. Salesiano formatosi a Torino, monsignor Zen vive tuttavia a Hong Kong con buone memorie ma senza nostalgia per il Piemonte, tutto dedicato a combattere nel suo Paese un'ardua battaglia per la libertà della Chiesa, che per natura sua diviene anche battaglia per la libertà in genere. La cosa è tanto più importante se si considera che Hong Kong è luogo fondamentale per la causa della democrazia in Cina.
In forza del trattato con cui Londra la restituì a Pechino nel 1997, l'ex-colonia britannica gode di uno status particolare, da cui derivano ai suoi cittadini dei diritti civili e anche dei diritti politici impensabili nel resto del grande Paese asiatico. Da quando tale territorio è effettivamente passato sotto la sovranità cinese ha però avuto inizio un braccio di ferro tra il governo di Pechino, che in ogni modo di ridurre le libertà dei cinesi di Hong Kong, e la popolazione locale che ovviamente resiste a tale processo.
Il più recente episodio della vicenda vede al centro monsignor Zen schierato a difesa dell'autonomia delle scuole cattoliche, che il governo vuole porre sotto il suo diretto controllo. In nome delle libertà definite nello statuto speciale di Hong Kong monsignor Zen ha fatto ricorso in tribunale contro l'ordinanza che impone tale controllo. Giuridicamente qualsiasi esperto in diritto non può che confermare le ottime basi del ricorso, ma resta il fatto che a Hong Kong la magistratura è molto condizionata dal governo (anche se non ne dipende in modo totale, come è invece la regola nel resto della Cina). Qualche giorno fa monsignor Zen ha detto chiaro e tondo che, se il ricorso da lui presentato verrà respinto, la diocesi di Hong Kong, piuttosto che accettare la presenza dentro le sue scuole di commissari governativi, le chiuderà. E altre chiese cristiane del territorio gli hanno fatto eco, dicendosi pronte a fare lo stesso.
Questa ferma presa di posizione sta mettendo in grosse difficoltà il governo locale dal momento che a Hong Kong - fatto unico in tutta la Cina - la maggior parte delle scuole, e tutte le scuole migliori, fanno capo a chiese cristiane (cattoliche e di altre confessioni). La chiusura di tali istituti provocherebbe il collasso del sistema scolastico del territorio. D'altro canto la fermezza di monsignor Zen è proverbiale; quindi nessuno pensa che la sua minaccia sia una semplice mossa tattica.

La Diocesi di Hong Kong dispone di circa 300 scuole dalla materna al liceo, e in prima battuta si calcola che comincerebbe col chiuderne 90. Si è ora in attesa che il tribunale si pronunci sul ricorso, e ancora una volta molto dipenderà dall'attenzione con cui la vicenda verrà seguita anche fuori dei confini cinesi.

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