da Milano
Ieri Natalino Irti, consigliere indipendente di Rcs, si è dimesso dal cda, appena rinnovato. In piena bagarre borsistica (anche ieri i titoli, soprattutto quelli di risparmio, hanno fatto scintille) il gesto di Irti si presta a diverse considerazioni. La prima è la più ovvia. Il giurista, ex presidente del Credito italiano, studioso liberale ed esperto di privatizzazioni, viene associato al duo Stefano Ricucci-Giampiero Fiorani. Il patto di sindacato, provocando lallontanamento di un consigliere vicino a un gruppo in movimento sul capitale di Rcs, avrebbe così voluto dare un segnale di coesione e di rigetto verso ingressi non concordati. È lintepretazione pattista e aziendale della clamorosa uscita di scena di Irti. Resta il paradosso - ma questo vale per tutto il mercato italiano - dellindipendenza dei consiglieri e delle ipocrisie che circondano questa figura. Se era indipendente al momento rinnovo a consigliere un mese fa, forse non lo è più oggi? Ma la questione è ben diversa e ha poco a che vedere con le sottigliezze giuridiche dei codici di autoregolamentazione.
Vi è però una seconda conseguenza alluscita di Irti. Si tratta di vedere come il patto a 15 riuscirà a sostituire il consigliere indipendente. Nel piccolo stagno della finanza italiana in cui di indipendenti ce ne sono davvero pochi, sarà interessante capire con la prossima nomina come si sposteranno i già fragili equilibri del patto.
Non è detto che si proceda subito alla sostituzione. La nomina di un consigliere non è certo quella del direttore del Corriere: ma in questa fase la scelta sarà delicatissima. Non tanto per leffettiva incidenza che un nuovo membro del cda potrà avere nella gestione della società, ma per il significato che il mercato riconoscerà al nuovo ingresso.
Insomma, il rischio per il patto, che continua a ostentare coesione e sicurezza nella gestione degli affari Rcs, è che questa fase possa palesare crepe e diffidenze che al momento vengono decisamente negate.
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