Il problema dei pezzi classici di design che hanno resistito nel tempo e che oggi vengono ripresentati al grande pubblico, a volte sotto nuove firme aziendali dato che le originali per varie traversie sono scomparse, merita di essere messo in rilievo per diversi motivi. Uno dei primi è quello che è giusto che quanto rappresenti con eleganza, gusto e inventiva opere d'arredo del passato che dal punto di vista estetico sono ancora valide, debba trovar posto in una vetrina che oggi annovera migliaia di copie. Il secondo sta nel fatto che non si possono lasciar morire opere che oltre ad aver rappresentato un'epoca hanno contribuito non poco alla storia del design. Il terzo si può trovare anche nel fatto che spesso questi oggetti sono dei veri elementi di insegnamento, che possono essere più che utili ai giovani, non quale fonte di pedissequa imitazione, ma come formazione culturale di un certo modo di muovere la matita e di vedere le cose sotto un'ottica diversa e sempre interessante.
Recente è il caso della riedizione delle «Bambole», poltrone che Bellini firmò davvero tanti anni fa, e già sono diffuse le «UP» di Gaetano Pesce o i pezzi di Ponti rieditati da Frau o quelli in poliuretano espanso della Gufram. Adesso anche l'Arflex, azienda mai rinata ma sempre viva ha ricoperto in tessuto fantasia pezzi storici Zanuso che risalgono addirittura al 1958. Un fatto che va sottolineato è quello che il design di valore sopravvive ad ogni mutamento di gusto, perché contiene in sé un germe, un qualcosa, che sta all'interno di tutti noi, in tutto il mondo, e questo qualcosa è sufficiente a mantenere valori e tendenze e capacità di arredo davvero inalterati.
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