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I Ds e l’operazione Mps-Banca121

Sandro Bondi e Denis Verdini *

Il collateralismo tra politica e affari che emerge dalla vicenda Unipol è solo l’ultima invasione di campo che una parte della sinistra ha compiuto, soprattutto nel settore bancario. È difficile negare che esponenti di spicco dei Democratici di Sinistra non siano stati vicini a discusse operazioni tra istituti di credito che si muovevano nell’ambito della cosiddetta finanza rossa. Quella della Banca del Salento, più conosciuta come Banca 121, è stata considerata “la madre di tutte le acquisizioni bancarie”, tanto che nel 2004 esponenti dell’attuale maggioranza avevano chiesto che l’indagine congiunta delle commissioni di Camera e Senato avviata sul caso Parmalat si estendesse anche alla vicenda di Banca 121. Il motivo di tale richiesta era da ricercare proprio in quel «collateralismo politico» che aveva portato all’acquisizione della banca salentina da parte del gruppo Monte dei Paschi di Siena, istituto bancario che già all’epoca vedeva i suoi vertici nominati di fatto da Comune e Provincia, enti tradizionalmente governati dai Ds. Non è certo da considerarsi un puro caso se proprio la cosiddetta banca rossa decise di rivolgere il proprio interesse alla piccola banca di quel territorio tanto caro, in termini elettorali, a Massimo D’Alema. E come non ricordare che a capo del piccolo istituto di credito salentino vi era quel Vincenzo De Bustis, che illustri parlamentari hanno riconosciuto «a fianco di D’Alema a Gallipoli nella campagna elettorale del 2001, in riunioni che sono state anche documentate dalle tv locali». Una semplice coincidenza?
È difficile immaginare quale insolito meccanismo possa aver addirittura portato al vertice della banca acquisitrice proprio il direttore della piccola banca acquisita. Infatti il manager che era stato indicato come lo sponsor elettorale di D’Alema salì al vertice della banca senese, divenne direttore generale e sarà poi costretto, qualche anno dopo, a lasciare l’incarico tra mille dubbi e roventi polemiche. Ancora oggi a Siena si chiedono, o fanno finta di chiedersi, cosa sia successo in quei mesi che passarono tra la manifestazione di interesse e la vera e propria acquisizione da parte di Mps. Quale misterioso accadimento aveva fatto lievitare di molto il prezzo di Banca 121? Le cronache di quei giorni ci ricordano come, con singolare coincidenza di tempi, vennero ideati proprio nell’istituto bancario caro al leader diessino i prodotti pluricontestati dalle associazioni dei consumatori come My Way e 4You.
Così mentre la banca salentina si gonfiava di questi nuovi prodotti per rendersi più appetibile, la banca rossa della Toscana ingaggiava una sorta di asta impropria con il Sanpaolo per arrivare a tutti i costi alla saldatura dell’asse Siena-Lecce, con un rilancio di 300 miliardi in più rispetto all’ultima offerta. «Anche i sassi sono in grado di testimoniare - come ebbe a ricordare l’onorevole Mantovano - una vicinanza strettissima tra D’Alema e il creatore di questa finanza innovativa». Sta di fatto che, subito dopo l'acquisizione per 2.500 miliardi, il “gioiello” creato dal banchiere amico di D’Alema mostrerà il suo vero aspetto, tanto che il presidente di Mps, Pierluigi Fabrizi, ammetterà che a dicembre 2002 quella banca aveva perso il 46% di valore. Altri soci fecero notare che nella lettera di autorizzazione della Banca d’Italia allegata agli atti, i dati erano un po’ diversi: la perdita di 309,1 milioni di euro rispetto al valore di carico di 599,4 rappresenta infatti il 51,57% e si evidenziava come l’operazione di incorporazione avesse prodotto una riduzione del patrimonio di vigilanza di Mps di 400 milioni di euro. Altro non disse la Banca d’Italia, limitandosi ad affermare che le valutazioni competevano agli organi aziendali, ma certo una perdita di queste dimensioni non deponeva molto a favore di un giudizio di congruità del prezzo pagato. Possibile che a Siena, terra di bancari da secoli, nessuno avesse immaginato la realtà? Possibile che nessuno di quelli inviati a Lecce fossero in grado di valutare la vera potenzialità di quella piccola banca? O non è difficile immaginare che, in una piccola città governata a tutti i livelli da un partito opprimente e asfissiante, pochi potevano davvero opporsi ad un disegno che era stato benedetto da così alti patronati politici?
Alla fine la storia si è conclusa come doveva: una Caporetto annunciata. Mentre si susseguivano le contestazioni dei mirabolanti prodotti finanziari da parte delle associazioni dei consumatori, a Siena si pensava già come mettere a tacere le polemiche. L’utile netto al 30 giugno del 2002 è di soli 139mila euro con un calo del 99,1% sull’anno precedente nonostante che per gli scambi di personale con il Monte abbia riscosso dalla capogruppo uno sbilancio di 2.273mila euro. Ma stiamo parlando di sciocchezze, se consideriamo che questo risicato risultato economico viene raggiunto nonostante l’iscrizione di plusvalenze per ben 94 milioni di euro derivanti dalla vendita di ramo d’azienda alla capogruppo. Alla fine al Monte dei Paschi non rimarrà altro che avviare una strategia di incorporazione che porterà alla progressiva sparizione della Banca 121, diventata testimone scomodo di una operazione circondata da troppe ombre.
Come è evidente si tratta di una vicenda emblematica dell’intreccio perverso tra una parte della sinistra e il mondo economico e bancario. Una vicenda che fa impallidire, per dimensioni e per spregiudicatezza, qualsiasi altra vicenda di Tangentopoli. Eppure non se ne sa quasi nulla. L’oasi rossa della Toscana consente alla sinistra di non rendere conto a nessuno di ciò che avviene di sporco dietro la maschera di una supposta moralità e di una vantata buona amministrazione.

È troppo chiedere sommessamente alla sinistra di chiarire alcuni aspetti di una vicenda che abbiamo cercato qui di ricostruire fedelmente? Forse è giunto il momento che scendano dal loro comodo piedistallo e inizino a fornire qualche risposta almeno ai loro elettori che, in buona fede, per lunghi anni hanno creduto di essere rappresentati da persone per bene.
* Coordinatore nazionale di Forza Italia
Coordinatore regionale Toscana di Forza Italia

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